Duplice omicidio a Paese: «Rosanna voleva cacciarlo di casa: aveva paura della pistola»

Sabato 6 Maggio 2023 di Maria Elena Pattaro
Lino Prestin e Rosanna Trento, la coppia vittima dell'omicidio

PAESE - «Era stanca di avere il cognato in casa e le dava fastidio che avesse una pistola. Non si sentiva tranquilla». Rosanna Trento aveva confidato la sua stanchezza e i timori su quella Glock 17 che il cognato Massimo Pestrin si era procurato per fare la guardia giurata. Una paura strisciante, di cui aveva parlato in un’occasione alla cognata Martina Sandre. Il cognato avrebbe dovuto fermarsi nel cascinale dei Pestrin solo un paio di mesi, come soluzione-tampone dopo lo sfratto da un appartamento di Treviso. Invece era passato un anno e mezzo. Il timore di Rosanna ora suona come un inquietante presagio della mattanza avvenuta mercoledì mattina a Padernello di Paese, in via monsignor Breda. Quella mattina, alle 13, Massimo ha ucciso a bruciapelo lei, 57enne, e il fratello Lino Pestrin, 62: una raffica di 14 colpi mentre la coppia stava pranzando in cucina.

Lui già seduto a tavola, lei accanto ai fornelli. Nessuno dei due ha avuto scampo.

TESTIMONE DEGLI SPARI

Martina, il figlio Davide e il marito Giancarlo erano nella casa a fianco. È la donna a raccontare una scena che lei stessa definisce «surreale»: «Ho sentito i colpi, ho svegliato mio marito, che dormiva sul divano e sono uscita a controllare. Massimo era in cortile. L’ho visto in cortile. Fumava una sigaretta - racconta -. Gli ho chiesto se li avesse sentiti anche lui. Ha alzato la pistola e mi ha detto: “Ho sparato in aria”. Sono tornata in casa. Un minuto dopo ci ha bussato alla finestra: “Ci sono due cadaveri, chiama la polizia”. Pensavo scherzasse. Gli ho risposto: “Arrangiati”. Quando sono arrivate le pattuglie abbiamo capito che era successo qualcosa di grave». L’assassino, reo confesso, ha avvertito la polizia e ha aspettato i carabinieri (competenti per territorio) sul cancello della cascina. Prima che i militari arrivassero ha svuotato il caricatore: gli ultimi tre bossoli inesplosi sono stati trovati in cortile. Una piano architettato con lucidità secondo la procura, che al 50enne ex guardia giurata contesta l’omicidio premeditato, con l’aggravante del vincolo di parentela. Ora l’uomo è in carcere a Santa Bona. A far esplodere la furia omicida sarebbe stato un mix di fattori: problemi economici ma soprattutto la separazione dall’ex moglie. Non riusciva a farsene una ragione. «I miei famigliari complottano contro di me» ha detto al suo avvocato. Massimo era convinto che fossero a conoscenza di presunti tradimenti e che prendessero le parti dell’ex moglie. «Era geloso. Diceva di aver scoperto un tradimento - racconta Martina -. Ma non capisco perché se la sia presa con Lino e Rosanna che non in tutto questo non c’entravano nulla. Anzi lo avevano accolto in casa. Tra loro non c’erano litigi. Anche se ultimamente Rosanna accusava un po’ di stanchezza per la convivenza con l’ospite: sperava che grazie al nuovo lavoro Massimo trovasse una sistemazione. Invece è finita così...». Un altro trauma per Martina Sandre, figlia di Fiorella Sandre, la 74enne morta nell’incendio della casa dell’amica Franca Fava, il 10 giugno di tre anni fa a Castagnole di Paese. Del rogo è accusato Sergio Miglioranza, sotto processo per duplice omicidio. Ora un altro gravissimo fatto di sangue.

UN UOMO VIOLENTO

«Massimo non è una persona tranquilla - aggiunge Davide, 24 anni, figlio di Martina e nipote dell’assassino -. Picchiava l’ex moglie». Il giovane descrive lo zio come un manesco: «Una volta ha spintonato mio nonno (ora deceduto, ndr) per una questione di soldi». L’ultimo gesto intimidatorio una decine di giorni fa, nei confronti del fratello Giancarlo, titolare insieme a Lino dell’azienda agricola di famiglia. «Era uscito in cortile con la pistola in pugno. L’aveva alzata in aria, come per intimidirmi. Nessun perdono, ora vogliamo giustizia». 

Ultimo aggiornamento: 7 Maggio, 10:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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