Duplice omicidio a Paese. Giancarlo Pestrin, fratello di vittima e omicida: «Come si può perdonare?» L'intervista

Venerdì 5 Maggio 2023 di Maria Elena Pattaro
Duplice omicidio a Paese. Giancarlo Pestrin, fratello di vittima e omicida

PAESE (TREVISO) - «Dieci giorni fa Massimo era uscito in cortile con la pistola in pugno. L’aveva alzata in aria, come per intimidirmi. Ma non ho mai avuto paura di lui né pensavo che avrebbe potuto sparare a qualcuno di noi». Invece tra le mura di quel cascinale mercoledì è andata in scena una mattanza: Lino Pestrin, 62 anni, e la moglie Rosanna Trento, di 57, sono stati uccisi a bruciapelo dal fratello di lui, Massimo, 50 anni, guardia giurata. Ieri mattina il fratello Giancarlo Pestrin era indaffarato come sempre nella stalla dell’azienda agricola di via monsignor Breda, a Padernello. Quella che fino al giorno prima aveva gestito insieme a Lino. La routine si impone doverosa per chi deve prendersi cura di oltre cento capi di bestiame. Ma nulla è più come prima. In tuta da lavoro e stivali, Giancarlo mentre sistema il fieno alle mucche da latte, rimesta anche i pensieri, cupi. Nel magazzino, Valter, l’altro fratello, singhiozza: non ha la forza di parlare. Anche le altre due sorelle, Agnese e Lucia, sono sconvolte. In cortile il nastro bianco e rosso delimita la porzione di casa colonica in cui si è consumato l’orrore. Una delle famiglie più note di Paese, ancorata ai valori contadini è stata lacerata all’improvviso. Di sei, tra fratelli e sorelle, ora sono rimasti in quattro. E uno di loro è in carcere con l’accusa di duplice omicidio premeditato e aggravato

 
Giancarlo, che spiegazione si dà? 
«Nessuna.

Chissà cosa gli frullava in testa. Bisogna essere un criminale per uccidere a bruciapelo a tuo fratello e tua cognata. Anche se Massimo mi chiedesse scusa, non lo perdonerei. Come si può perdonare chi ti ammazza un fratello?».

Ha sentito gli spari?
«No, stavo dormendo sul divano prima di riprendere il lavoro. La mia compagna ha sentito dei colpi di pistola e mi ha svegliato. All’inizio pensavamo fossero colpi in aria. Del resto chi poteva immaginare...».
E poi?
«È successo tutto all’improvviso. Siamo usciti in cortile ma era già tutto finito. Lui aveva avvisato le forze dell’ordine. Parlava di due persone morte, di chiamare i carabinieri. All’inizio non capivamo bene. Quando mi sono reso conto che era successo qualcosa di grave stavo per avventarmi contro di lui ma sono arrivati i carabinieri. Mi hanno puntato la pistola contro. Io ho detto: “È lui il delinquente, non io”». 

Massimo era tornato qui un anno fa...
«Sì alla fine del 2021: prima lo vedevamo solo per le feste. Poi ha chiesto ospitalità perché aveva avuto difficoltà con l’appartamento di Treviso. Io non volevo ma mia mamma (poi deceduta, ndr) ha insistito: doveva essere una soluzione temporanea, giusto un paio di mesi per dargli una mano. Nel frattempo si era separato dalla moglie. Si era offerto di aiutarci nell’azienda agricola, ma non l’ha mai fatto. Anzi a volte era arrogante, usciva a fumare e ci guardava lavorare, quasi con scherno». 

I rapporti familiari, insomma, erano tesi. C’erano anche motivi economici?
«Qualche attrito c’era ma non negli affari di famiglia: dell’azienda agricola ci siamo sempre occupati io e Lino, lui non c’entrava. Massimo non si dava pace per la separazione dalla moglie, con cui aveva avuto due figli. Diceva di aver scoperto il tradimento. E non riusciva ad accettarlo».

E sul versante lavorativo, com’era la situazione?
«Aveva cambiato lavoro diventando guardia giurata, ma da un mese era a casa perché aveva fatto un incidente in scooter. E forse proprio il fatto di restare fermo a lungo a rimuginare sui suoi problemi ha peggiorato le cose». 

Si confidava con voi?
«No, parlava pochissimo. Era difficile capire cosa gli passava per la testa». 

C’erano state avvisaglie di quella che poi si è rivelata una furia omicida?
«Niente che potesse farci temere un delitto del genere. Una decina di giorni fa mi ricordo che è uscito con la pistola e l’ha agitata verso di me, come se volesse intimidirmi. Ma io non ci ho dato peso perché sapevo che in fondo era lui a temere me». 
Cosa prova ora, Giancarlo?
«Rabbia. E dolore, per Lino e Rosanna». 

Ultimo aggiornamento: 19:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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