Nonno Nanni è esistito davvero: dal Montello il suo stracchino in tutto il mondo

Lunedì 8 Ottobre 2018 di Edoardo Pittalis
Eccolo qua, Giovanni Lazzarin, detto Nanni
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«Nonno Nanni non è soltanto uno Stracchino con le ali che vola sulle tavole degli italiani in festa. E' un nonno vero che sorride in una vecchia foto in bianco e nero, davanti alla porta di una casa in pietra. Maglione di lana senza maniche, una specie di Borsalino morbido calato sul capo, una bicicletta da donna appoggiata alla parete e Gloria, il pointer a macchie bianche e nere, che sembra annusare il cemento del marciapiede. Forse sono pronti per andare a caccia sul Montello. È stato Giovanni Lazzarin, detto Nanni, figlio di un commerciante di granaglie, ad aprire nel dopoguerra col fratello Giusto una Latteria con due caliere, due caldaie, ciascuna da 12 ettolitri.



Ai piedi del Montello, settant'anni fa è nata l'azienda oggi leader del mercato dello stracchino in Italia, produttrice di formaggi freschi e gnocchi, due stabilimenti a Giavera, 250 dipendenti, 65 mila tonnellate di latte fresco lavorato all'anno, l'impianto di coagulazione più grande d'Europa per produzione di formaggi molli. Quest'anno la Nonno Nanni toccherà i 100 milioni di euro di fatturato. 
 

Dopo la morte di Giusto, caduto con la sua moto, una Guzzi rossa, il patriarca negli Anni Sessanta aveva aggiunto all'azienda la Latteria di Povegliano, fondata nel 1928 dall'ex proprietario di una fabbrica di sapone che aveva perso tutto nel terremoto che aveva devastato la Carnia. Nel 1971 i tre figli - Luigi, Armando e Bruno - presentano al padre il progetto per trasformare la Latteria in una piccola industria, passando dalla struttura di 250 metri quadrati a una da 1500, spostandosi da Cusignana a Giavera del Montello (oggi l'azienda di estende su 30 mila metri quadri). Il vecchio Nanni, ancora avvolto nel grembiule cerato del casaro, pare fosse perplesso: Ve catarè tuti tre su una strada. 
Ricorda la nipote Silvia, 42 anni: «Mio nonno mi diceva in dialetto: El lus magna a tinca, il luccio mangia la tinca, per dire di non montarsi la testa. Era rimasto un contadino, aveva la passione dei cani, della caccia e del gioco delle bocce. Veniva in fabbrica ogni giorno con la sua macchina e quando vedeva le gru alzarsi nel cielo per i lavori diceva dei figli: Xe mati. Ma con un sorriso di soddisfazione».
Oggi è al timone la terza generazione, i nipoti di Nanni, e sono pronti 18 pronipoti. Guidano l'azienda: Gianni, 53 anni; Alessandro, 46; Silvia. I tre cugini rappresentano tutti gli altri. 
Spiega Gianni, presidente: «La terza generazione adesso ha la gestione operativa a tutti gli effetti, ma in realtà c'è da una quindicina d'anni. La proprietà è suddivisa in tre famiglie, degli otto nipoti sette lavorano in azienda. Io ho fatto tutti i percorsi, conosco ogni momento lavorativo della fabbrica. Da studente lavoravo d'estate, in ufficio a fare bolle, poi col camion per il commerciale». 
Come avete superato il passaggio generazionale, momento di crisi di molte famiglie imprenditoriali del Nordest?
«L'abbiamo fatto quasi senza accorgersene. Sono stati intelligenti i nostri genitori, ci hanno dato libertà di sbagliare. La loro bravura è stata quella di farci entrare nei meccanismo gradualmente, senza strappi. Noi facevamo un percorso e loro prendevano la strada d'uscita in maniera silenziosa e intelligente. Ci hanno fatto sempre da guida, ma lasciavano a noi la responsabilità. Per i figli abbiamo fatto un patto di famiglia, entrano se hanno preparazione adeguata. Sono regole ferree, valgono per il più grande che ha 27 anni e per il più piccolo che ha appena un anno».
Quando la piccola azienda è diventata Nonno Nanni?
«La cosa che ha fatto diventare Nonno Nanni quello che è oggi, è incominciata sul finire degli Anni '80, quando siamo passati dalla produzione di formaggi stagionati, come il Montasio e l'Asiago, sicuri, a quella dei formaggi freschi molto più commerciali. È stata una scelta radicale grazie anche a un macchinario avanzatissimo che cambiava il sistema classico di produzione con la coagulazione in continuo. L'idea del nome Nonno Nanni è venuta a mio padre Luigi che andava a vendere i nostri formaggi in Toscana. È stato lui a iniziare un percorso che ci ha portato ad aprire uno stabilimento di pasta fresca e ci ha permesso di concentrarci sullo stracchino e i prodotti freschi. Sui formaggi stagionati il produttore aveva poco potere, non portavi il tuo nome sul tavolo del consumatore, noi volevamo fare qualcosa dove metterci la faccia. Zio Bruno, il papà di Silvia, ha portato alle estreme conseguenze la ricerca dell'eccellenza. Luigi vendeva, ma per Bruno era sempre troppo poco. Hanno litigato 50 anni, ma sono sempre rimasti insieme e amici. L'altro zio Armando, che si occupava degli allevamenti, veniva a verificare che i fratelli litigassero, voleva dire che stavano lavorando!».
La vostra rivoluzione degli Anni Ottanta?
«È stato il momento in cui abbiamo affrontato la grande distribuzione, mercati e logiche diversi. Passare dalla stagionatura al fresco è un altro mondo: lo stagionato non devi venderlo subito, il fresco devi essere sicuro di venderlo subito. Nel 1993 è entrato in funzione il coagulatore in continuo, una macchina lunga 80 metri che permette di avere una costanza di produzione. Fino a poco tempo fa era la macchina più grande al mondo per la produzione di formaggi, ci ha superato l'Argentina. Fu allora un investimento quasi pari al fatturato, ci voleva coraggio, ma è stato premiato. Abbiamo affinato le competenze per entrare in un mercato presidiato da una multinazionale molto più grande di noi, la Galbani. Siamo partiti da una quota di mercato sotto l'uno per cento per diventare leader. Abbiamo una sensibilità nostra per l'ambiente, l'energia la compriamo tutta rinnovabile. Operiamo anche nel sociale e finanziamo progetti di ricerca: aiutiamo varie associazioni, come quella per la fibrosi cistica, un cugino è morto a 13 anni per questa malattia; un figlio ha problemi di sordità dalla nascita».
È importante restare nel Montello?
«Giavera è il nostro cuore, abbiamo 250 persone in gran parte donne. Giavera è cresciuta un po', ma ha conservato una dimensione nella quale la fabbrica conta molto. Il Montello ha inciso per quello che può essere l'impatto, la qualità del latte. Oggi ci conoscono tutti come Nonno Nanni, ma siamo nati come Lazzarin Latteria Montello che è la ragione sociale dell'azienda. Le radici non si cancellano».
La vostra fortuna commerciale è stata favorita dagli spot televisivi
«Abbiamo incominciato nel 2008 a comunicare in televisione. Lo Stracchino che vola è moderno, ma è inserito in un contesto che rispetta i nostri valori. Poi si sono aggiunti altri prodotti, la robiola, lo spalmabile Il Nonno Nanni rassicura, offre garanzie, dà italianità. Abbiamo appena realizzato un nuovo spot per stracchino al posto della mozzarella nella Caprese».
Come ci si confronta con le multinazionali?
Silvia si occupa del marketing: Il nostro Stracchino stando a una ricerca è un prodotto quasi edonistico, è un piacere: anche se non si tratta di dolce, è secondo solo alla Nutella. Negli anni i consumatori hanno riconosciuto che siano un'azienda che sembra artigiana, ma in realtà dietro c'è molta tecnologia. Adeguiamo l'azienda al latte e il latte cambia ogni giorno, le mucche hanno ogni giorno un umore diverso che dipende anche dal sole o dalla pioggia. Siamo azienda italiana al cento per cento, lavoriamo solo latte italiano, e questa cosa piace in un mondo come quello del fresco dominato dalle multinazionali.
Ultimo aggiornamento: 9 Ottobre, 15:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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