TREVISO - «Sono molto stanco. Gli ultimi due anni sono stati davvero impegnativi. C'ho pensato e ripensato. Per più di 30 anni l'ospedale di Treviso è stata la mia casa. Mi sarebbe piaciuto portare il mio gruppo nella nuova Cittadella della salute. Ma poi la fatica, la consapevolezza di aver dato comunque abbastanza e il timore che non sia ancora finita mi hanno fatto prendere questa decisione dolorosa». Fin dall'inizio è stato in prima linea contro l'epidemia da Covid. Adesso Antonio Farnia, primario della Rianimazione di Treviso, si prepara al passaggio di consegne.
Qual è stato l'impatto del vaccino anti-Covid?
«Il 99% dei pazienti ricoverati in Terapia intensiva non è vaccinato. Solo uno ha avuto una malattia grave nonostante la vaccinazione, e sappiamo che può capitare. È certo che se si fossero vaccinati tutti, negli ultimi mesi non avremmo più avuto ricoveri. Non vorrei più vedere gente che non respira e poi si pente di non aver fatto il vaccino prima. Purtroppo ci è capitato spesso».
Si è pronti a recuperare gli interventi chirurgici non urgenti sospesi nei picchi peggiori dell'epidemia?
«Sì. Ma è una delle motivazioni per cui me ne vado. In condizioni normali mi sarebbe piaciuto favorire in tutti i modi l'attività chirurgica, che questo ospedale fa molto bene. Negli ultimi due anni, invece, siamo stati limitati: non siamo riusciti a fare un'enorme attività, come per me doveva essere, perché il Covid ha portato via risorse. Abbiamo comunque garantito gli interventi più complessi. E di questo sono molto orgoglioso».
Sarà possibile recuperare in breve tempo gli interventi in attesa?
«È difficile. Anche perché pazienti che per un anno e mezzo hanno perso la possibilità di essere operati per mancanza di spazi chirurgici forse adesso non sono qui per raccontarlo. Ciò mi dà molta sofferenza: tutti dovrebbero trovare risposte per la loro patologia».
È l'altra faccia dell'epidemia.
«Le altre patologie non stanno ad aspettare. C'è stata una riduzione dell'attività chirurgica e certamente qualcuno ha avuto dei danni».
Lei è stato tra i primi a vaccinarsi contro il Covid. Ha fatto anche la terza dose?
«Certamente. Se possiamo cominciare a sperare in un ritorno alla normalità è per merito del vaccino. Nient'altro. Farà la differenza anche nei prossimi anni: molti Paesi non sono ancora riusciti a vaccinare e di conseguenza è verosimile che la cosa non sia definitivamente conclusa».
Cosa pensa dei disordini con i No Green Pass visti a Roma?
«Devono darsi tutti una calmata. Scene di violenza sono inaccettabili: non c'entrano niente con il fatto di essere d'accordo o meno con il vaccino o con il Green Pass».
E dei medici che non si vaccinano e che dicono che non ci si è impegnati abbastanza nelle cure domiciliari?
«Ancora più difficile da comprendere: vanno sospesi. Non è pensabile che un medico non risponda al metodo scientifico: stanno raccontando fandonie. È strana una strategia che prevede che un paziente si debba ammalare per prendere un farmaco quando vaccinandosi potrebbe non ammalarsi».
Infine, che unità di Anestesia e rianimazione lascia?
«Sono orgoglioso del lavoro fatto. Da ormai dieci anni a Treviso stiamo facendo un'anestesia moderna, ecologica, senza gas e vapori, rispettosa dei pazienti e dell'ambiente. Se qualcuno vuole imparare l'anestesia, un giro qui lo deve fare. Siamo arrivati a una qualità altissima. Vado via molto sereno: i miei ragazzi sono estremamente bravi, e continueranno su questa strada».
M.Fav