Spara allo zio, la fuga di Branko è durata 7 ore. Tradito dal cellulare

Mercoledì 10 Febbraio 2021
Spara allo zio, la fuga di Branko è durata 7 ore. Tradito dal cellulare
1

TREVISO - Braccato dalla polizia ha deciso di consegnarsi. La fuga di Branko Durdevic, il nomade 36enne che ha sparato allo zio, Joco Durdevic, 53 anni, tuttora ricoverato in gravissime condizioni al Ca' Foncello, è durata poco più di 7 ore. Individuato dalla squadra mobile grazie al segnale telefonico del cellulare, con il quale si era messo in contatto con alcuni familiari che in tutti i modi cercavano di convincerlo a costituirsi, Branko è stato preso in consegna dalla polizia verso le 22.30 di lunedì sera. Era in un campo poco lontano da casa, in Borgo Capriolo. Ma della pistola con cui ha sparato contro il parente, centrandolo in testa, non c'è ancora traccia. Se n'era disfatto prima dell'arrivo delle forze dell'ordine. «Mio zio non era solo - la versione fornita dal 36enne agli investigatori -. C'erano anche le due figlie e un genero. Aveva una spranga». Poi gli almeno due colpi di pistola esplosi dal terrazzino di casa, al termine di una violenta discussione, e Joco che si accascia a terra in una pozza di sangue.


A VENEZIA
Per Branko Durdevic si sono subito aperte del carcere di Venezia.

Per questioni di opportunità non è stato recluso a Santa Bona, dove è detenuto invece il cugino Riccardo, figlio di Joco, che sta scontando una condanna per rapina. Il 36enne, accusato di tentato omicidio e porto abusivo di arma da fuoco, è stato sentito ieri mattina dal sostituto procuratore Gabriella Cama, titolare dell'inchiesta. Alla base della lite tra Branko e Joco, ha confermato durante la deposizione, la gestione delle figlie di Riccardo, in particolare della più piccola, che Joco voleva vedere e portare a casa con sé, nonostante la contrarietà della madre, ora in Croazia con la piccolina, che da qualche mese aveva iniziato una relazione con Branko. Una faida familiare che andava avanti da mesi. Assistito dal legale di fiducia, l'avvocato Giacomo Michieli, il 36enne ha risposto per circa un'ora alle domande degli inquirenti dando la sua versione dei fatti. «Joco si è presentato a casa mia con le due figlie e del genero. Mi ha chiamato e, quando mi sono affacciato, l'ho visto che teneva in mano una spranga. Abbiamo litigato sempre per le stesse cose». Ovvero per l'ex compagna di Riccardo, ora assieme a Branko, e per la più piccola delle loro figlie, che nonno Joco reclamava di vedere, cosa che l'ex nuora rendeva impossibile. È a quel punto che Branko Durdevic, salito al primo piano di casa, dove probabilmente si trovava l'arma, ha impugnato la pistola e ha esploso almeno due colpi sul vialetto, dove c'era lo zio. Joco Durdevic è subito crollato perdendo molto sangue. L'ambulanza è stata chiamata da una delle figlie. Uno dei proiettili si è conficcato in testa alla 53enne, ancora vivo ma gravissimo. Branko Durdevic nel frattempo si allontana. Scappa lungo i campi limitrofi alla scena, si nasconde. È in preda alla confusione fino a quando, alla sera, viene individuato e accerchiato dalla polizia.


LA RESA
Senza possibilità di fuga chiama un familiare, che lo convince a consegnarsi. Il pubblico ministero ora ha 48 ore di tempo per formulare al gip la richiesta di misura cautelare. Poi ci sarà la fissazione dell'udienza di convalida dell'arresto e l'interrogatorio di garanzia. Intanto la squadra mobile sta continuando a interrogare testimoni diretti e indiretti della sparatoria, per ricostruire con esattezza quanto accaduto. Gli inquirenti, inizialmente, temevano che Branko avesse riparato fuori regione, magari anche all'estero. Ma sin dal primo pomeriggio il cellulare del 36enne, che ha continuato ad usare per chiedere aiuto e consigli ad amici e parenti, era stato localizzato non distante da Santa Bona.


Alberto Beltrame
Denis Barea

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Potrebbe interessarti anche
caricamento

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci