Metalco, l'azienda dei giovani che con il design abbellisce il mondo. Anche dello sport

Lunedì 4 Aprile 2022 di Edoardo Pittalis
I titolari della Metalco

RESANA - A Parigi nel villaggio olimpico pronto per il 2024 ci saranno con i loro arredi urbani. E a Miami chi va a fare footing corre ogni giorno tra i loro oggetti. Nel campus di Harvard gli universitari gettano i rifiuti differenziati nei cestini nati a Castelminio di Resana. E sono presenti con pensiline e contenitori nelle metropolitane di mezzo mondo, da Riad alla Nuova Caledonia. «In Italia, poi, siamo come il prezzemolo». La Metalco produce arredo urbano e anche soluzioni per l'attività fisica all'aperto.

Tre quarti della produzione va all'estero. The Placemakers è la holding delle cinque grandi aziende del gruppo che sono a Resana con uno stabilimento da 30 mila metri quadrati, a Ponte delle Alpi, tre in Brasile e una in Qatar. Quasi 300 dipendenti, età media 32 anni, fatturato di 39 milioni di euro. Una bella strada da quando nel 1984 Claudio Bertino e Alfredo Tasca decisero di fare società: uno aveva una piccola azienda di serramenti in alluminio, l'altro di recinzioni nell'area di Montebelluna. Pensarono che l'arredo urbano industrializzato fosse un mondo ancora da esplorare, che forse un po' di colore non ci sarebbe stato male nelle città. «Tante idee e pochi schei», dissero, e puntarono tutto sul colore, applicando la lezione che Benetton aveva usato per la moda. In fondo, si trattava soltanto di crederci: nessuno aveva sino ad allora pensato a verniciare un cestino dei rifiuti, uno scivolo per bambini, una panchina.


Era quella la novità e si presentarono con la prima collezione alla fiera Europolis di Bologna, dove capirono che si era aperto un futuro. Coinvolsero i designer più importanti, esportarono in Germania e Spagna, si resero conto che quel prodotto mancava: le città stavano crescendo e con le case e gli abitanti crescevamo anche le esigenze. Tutte cose che oggi sembrano scontate, in quegli anni erano dirompenti e assicurarono alla Metalco una crescita rapida. I due soci giocarono un'altra volta d'anticipo, si assicurarono la collaborazione di Pininfarina, Giugiaro, Citterio, crearono oggetti urbani sempre più differenziati, interessarono a questo aspetto dell'arredo anche i grandi architetti. Dodici anni fa l'uomo dei serramenti e quello delle recinzioni decisero che era arrivato il tempo dei figli e passarono la mano. Oggi al vertice del gruppo sono in cinque: Francesco Bertino, 34 anni, di Castelfranco, amministratore delegato; la sorella Daniela, 37 anni, direttore export; Massimo Tasca, 40 anni, di Montebelluna, responsabile del design, affiancato dalla sorella Marina, 32 anni; Gian Luca Innocenzi, 52 anni, di Trento, che si occupa dell'area fitness. Francesco Bertino ha un figlio di sei mesi, Pier Francesco; la moglie ha un'azienda di caramelle. Ama la barca e la moto, da poco ha preso il diploma di sommellier.


Come erano i vostri genitori?
«Erano complementari, si erano ripartiti i compiti, facevan
o quello che oggi facciamo noi figli. Con due famiglie al cinquanta per cento o vai molto d'accordo o vai molto male. Siamo stati fortunati, avevano loro e abbiamo noi una visione allineata. Noi siamo due fratelli, ci ha cresciuti mamma Elisa. Mia sorella Daniela ha studiato leggi e lingue a Bologna, con una grande passione per il diritto commerciale e per il mercato estero. Ha viaggiato in Cina per capire l'export in quel grande paese. Io sono entrato in azienda nel 2011, ho trovato subito anni difficili, quelli della crisi del debito pubblico con le amministrazioni comunali che non compravano più niente o pagavano con grande ritardo. Questo ha fatto sì che incrementassimo lo sviluppo del mercato estero, abbiamo alzato l'asticella, abbiamo lanciato un nuovo catalogo e abbiamo conosciuto Gian Luca.
Daniela ama i viaggi e ha in casa tanti animali. Negli anni bolognesi ha praticato a livello agonistico la Thai boxe, la boxe thailandese: «Ho preso tanti pugni! Ma è uno sport che mi ha aiutato molto».


E lei Innocenzi come è arrivato in azienda?
«Sono laureato in Economia con un master in beni di lusso, avrei dovuto lavorare nella moda, ho lavorato per un gruppo televisivo inglese e per i vini italiani nel mondo per conto del ministero delle Produzioni agricole. Mio nonno era maestro di sci e di tennis e ho incominciato a sciare che avevo tre anni, sono stato poliziotto sciatore per le Fiamme Oro, ma a Milano ho dovuto convertirmi al fitness. Nel 2011, ispirato dalle esperienze americane e dalle lezioni di Jane Fonda, ero il primo in Europa che voleva produrre contenuti per persone che volevano allenarsi in un contesto urbano. Dovevo trovare un partner industriale, sembrava facile perché l'idea piaceva, ma al momento della risposta si tiravano indietro. Ho incontrato la Metalco e ho trovato le persone che pur non venendo da quel settore capivano che l'idea si poteva integrare con i loro prodotti. Era davvero la cosa giusta da fare al momento giusto».


Tasca pensa solo al design?
«Sono entrato nel 2015, dopo la laurea in architettura e l'esperienza in alcuni studi, ma ho sempre bazzicato l'azienda fin da ragazzino. Mi sono dedicato a questo lavoro per portare il concetto di arredo urbano declinato in panchina, cestino e altri oggetti. Per portare la gente fuori, ma sempre nello spazio della città. Creiamo panchine con isole urbane dove si possono fare varie attività, con braccioli per aiutare gli anziani ad alzarsi, col verde che ti avvolge. Diamo tante funzioni in un unico oggetto. Ma non penso solo al design: ho ereditato da mio padre la passione per la moto e la sua collezione di moto italiane e tedesche. Ho Ducati d'epoca e anche macchine d'epoca, una Porche, una Mustang».


Dove vanno i vostri prodotti?
«In Italia lavoriamo ovunque. La Francia è un mercato molto divertente, siamo a Parigi con le pensiline e a breve con una parte degli arredi per il Villaggio Olimpico. A Singapore dove il futuro è già incominciato, come città è avanti anni luce. Abbiamo fatto due Metropolitane a Riad e nel Qatar; in Nuova Caledonia, che è dall'altra parte del mondo, pensiline per autobus. Più di 150 installazioni a livello mondiale in pochissimi anni, anche in località storiche nel fitness».


Cosa significa arredo urbano?
«Arredare una città dalla panchina al cestino, dalla pensilina al portabiciclette, al garage per bici. Abbiamo appena inventato lo specchio urbano, base in cemento, cornice in acciaio, uno specchio creato con barriera inox riflettente resistente: divertirsi davanti soddisfa le esigenze dei ragazzi che cercano spazi di aggregazione, dall'attività fisica al selfie, al ballo, si balla in molte città. Rispetto a vent'anni fa l'arredo urbano è totalmente cambiato: dalla semplice panchina per esterni a spazi studiati per mamme e bambini, per allattare, per far giocare i figli in sicurezza. Dalla collaborazione con Stefano Boeri è nato il nostro giardino urbano in cento città: porti il verde dove c'è il cemento, porti boschi veri dove c'è asfalto. Il 90% delle persone che vivono in una grande città passano quasi tutto il tempo al chiuso e vorrebbero stare anche all'aperto. La nostra strategia è immaginare soluzioni per consentirlo. Arredo urbano vuol dire socializzazione, stiamo per lanciare prodotti non solo per atleti, ma anche per anziani, bambini, disabili. Il Covid ha incentivato questo processo, ha accelerato la voglia di vivere fuori, fare fitness all'aperto. Ci siamo inventati un albero in cemento alto 7 metri riconoscibile, un'icona, ogni città può scegliere di personalizzarlo. Attorno stazioni di allenamento. Abbiamo anche lavorato con Tesla creando le pensiline per i centri di carica delle batterie elettriche, qualcosa che sostituisse le stazioni di servizio: abbiamo vinto il contest in Europa, ci sono già nostre installazioni in Olanda e in Italia».

Ultimo aggiornamento: 5 Aprile, 11:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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