Bancarotta Riz Office. Amministratori condannati: tre anni all’ex sindaco Berri

Mercoledì 13 Maggio 2020 di Cristina Antonutti
Vincenzo Berri, ex sindaco di Meduna di Livenza
MEDUNA DI LIVENZA Condannati i due amministratori, assolto il prestanome. Si è chiuso ieri il processo sulla bancarotta della Riz Office, la società dell’imprenditore sacilese Sergio Zaia, ex presidente del Distretto del Mobile, uscito dal processo due anni fa con un patteggiamento (16 mesi con la condizionale).
Davanti al collegio presieduto dal giudice Alberto Rossi sono state esaminate le posizioni Vincenzo Berri, 63 anni, di Meduna di Livenza, dove ha ricoperto la carica di sindaco, Antonio Cristofanelli, 61, di Chieti e di Giuliano Alberghetti, 69, di Meduna di Livenza, tutti coinvolti in qualità di amministratori.
Alberghetti, difeso dall’avvocato Matteo Brovedani, ieri è stato assolto perché il fatto non costituisce reato. Era solo un prestanome e non aveva alcun potere decisionale. Berri e Cristofanelli - difesi rispettivamente da Olga Fabris e Pierpaolo Alegiani - sono stati condannati a 3 anni di reclusione ciascuno, oltre alle pene interdittive e all’inabilitazione per tre anni. Per i periodi di gestione non riferibili alla loro amministrazione, sono stati assolti. Alla curatela fallimentare, rappresentata da Marco Bianchet e costituitasi parte civile con l’avvocato Serena Giliberti, è stata riconosciuta una provvisionale di 50mila euro. Il risarcimento dovrà essere quantificato in separata sede.
LA VICENDA
Riz Office fallì nel febbraio 2013 con un passivo di oltre 5,5 milioni e un tentativo di concordato preventivo andato male. Nel 2012 fu venduta alla One Trust di Ortona (Chieti), società costituita per rilevare Riz Office e affidata a Stefano Parisio, presentato come il manager che l’avrebbe traghettata verso i nuovi mercati dell’Est. In realtà Parisio (deceduto prima della chiusura delle indagini) era soltanto un prestanome. Per qualche settimana firmò atti ufficiali, finché la polizia non lo arrestò (era ricercato per scontare pene per 10 anni, relative a truffe e ricettazione di assegni). Da quel momento la situazione precipitò. Entrò in scena Berri, che cercò di salvare l’azienda chiedendo un concordato preventivo. Il crac, però, fu inevitabile.
LE CONTESTAZIONI La Procura in seguito ha individuato ipotesi distrattive e un ritardo nella richiesta del fallimento che aveva aggravato così il dissesto (1,5 milioni la perdita d’esercizio 2011 e 378 mila euro quella del 2012). Erano contestate anche “operazioni dolose” relative al 2009 e 2010, anni che non si erano chiusi con un deficit, ma non riferibili alla gestione di Berri e Cristofanelli.
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