I pazienti dell'ospedale di Treviso: «Non ci facciamo curare dai medici no vax»

Sabato 24 Luglio 2021 di Mauro Favaro
I pazienti dell'ospedale di Treviso: «Non ci facciamo curare dai medici no vax»
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TREVISO - «Ci fermiamo in attesa che vengano definite le cose a livello generale». Francesco Benazzi, direttore generale dell'Usl della Marca, ha già sulla propria scrivania le prime diffide destinate a 186 operatori della sanità no-vax (trenta dipendenti dell'azienda sanitaria) che nonostante l'obbligo non si sono sottoposti all'iniezione contro il Covid, senza indicare fondati motivi di salute. Ma dopo il congelamento delle sospensioni deciso ieri dalla Regione, a fronte della carenza di personale, per il momento non le spedirà. «La sospensione di questi 186 operatori non creerebbe difficoltà ai servizi.

Alcuni lavorano nel territorio, altri in strutture private e altri ancora in Usl diverse specifica Benazzi ma serve un ragionamento complessivo per muoversi tutti sulla stessa linea. Aspettare tre giorni non cambierà le cose. E nel frattempo la commissione continua a lavorare». Il problema è che alcuni pazienti ora temono di essere contagiato, e pure alcuni colleghi si rifiutano di lavorare con chi si è opposto al vaccino. 


LA COMMISSIONE

La commissione, istituita appositamente dall'Usl, è chiamata a valutare la posizione di 3.600 operatori della sanità che non si sono vaccinati. Tra le ipotesi sul tavolo c'è sempre quella di tenere in servizio i no-vax, per evitare di mandare in crisi alcuni settori per le troppe assenze, sottoponendoli a tampone ogni due giorni e bardandoli con il massimo dei dispositivi di protezione. «Ma la carenza di personale non è una motivazione che può giustificare il blocco delle sospensioni dei no-vax mette in chiaro Samanta Grossi, presidente dell'Ordine delle professioni infermieristiche di Treviso stando ai dati che ci sono stati riferiti dalla Regione, sono 848 i dipendenti dell'Usl della Marca che non si sono vaccinati. Solo per far loro continui tamponi si spenderebbe una cifra tra i 50mila e i 100mila euro al mese». 


I RICOVERATI

In più, adesso bisogna fare i conti anche con le domande dei pazienti che vengono ricoverati o che affrontano visite ed esami. «A Treviso alcuni stanno chiedendo se il personale è vaccinato contro il coronavirus avverte la stessa Grossi si apre un tema enorme. Qualcuno ha già detto che se viene contagiato è pronto a procedere con denunce penali a fronte della presenza in servizio di personale no-vax». Il nodo è delicatissimo. Allo stesso tempo una parte degli operatori che invece si sono sottoposti all'iniezione contro il Covid, tra infermieri e oss, non ha intenzione di lavorare accanto a personale non vaccinato. Non manca poi qualche contrattempo. Un'infermiera in servizio a Treviso è stata sospesa dall'Usl di Pordenone (si va in base alla residenza) perché per l'azienda sanitaria friulana risulta non essersi vaccinata. Lei, però, ha già fatto sia la prima dose che il richiamo proprio a Treviso. A quanto pare l'inghippo è nato nella fase di comunicazione dei dati. Adesso bisognerà correre ai ripari. In tutto ciò, ad oggi restano in piedi solo tre segnalazioni che l'Usl della Marca ha inoltrato all'Ordine dei medici e all'Ordine delle professioni infermieristiche. Il caso di Riccardo Szumski, dottore-sindaco free-vax di Santa Lucia di Piave, è già da tempo sotto la lente dell'Ordine dei medici. Quello degli infermieri, invece, ha ricevuto dall'Usl le segnalazioni relative a due infermiere che hanno preso parte ad altrettante manifestazioni no-vax. Tra queste c'è Carmen Amadio, infermiera 58enne, tra i referenti del comitato Riccardo Szumski, che l'Usl ha sospeso in via cautelare per il video di un suo intervento all'incontro del 29 giugno proprio a Santa Lucia di Piave nel quale sostiene posizioni no-vax e attacca pesantemente la stessa azienda sanitaria. A breve verrà ascoltata dall'Ordine prima di un'eventuale apertura di un procedimento disciplinare. 
 

Ultimo aggiornamento: 11:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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