TREVISO - Un piano per poter richiamare in servizio i medici andati in pensione, anche dopo i 70 anni. È quello che stanno studiando Usl e Regione con l'obiettivo di coprire i buchi negli organici. Serve una modifica a livello normativo. E la richiesta sta prendendo corpo a voce sempre più alta. Vale sia per gli ospedali che per gli ambulatori dei dottori di famiglia, fermo restando che sarebbe su base volontaria. «Voglio ricordare che se tutti avessero 1.500 mutuati, non mancherebbero i medici di famiglia - specifica il governatore Luca Zaia -. Molti hanno meno assistiti, o altre attività. Io non discuto questo. In ogni caso, se lo ritenessero, la questione riguardante la possibilità di non andare tassativamente in pensione a una certa età potrebbe valere anche per loro». Insomma, l'attuale carenza, con pazienti a volte costretti a fare pure 30 chilometri per raggiungere l'ambulatorio di riferimento, non è legata solo alle difficoltà nel trovare medici di famiglia che accettano di far lievitare il proprio massimale fino a 1.800 assistiti, ma anche e soprattutto al fatto che non sono poi molti quelli che arrivano al primo limite di 1.500 pazienti.
I CONTI
«Abbiamo proposto di far tornare in servizio, su base volontaria, i medici di famiglia che sono andati in pensione prima dei 70 anni - rivela Francesco Benazzi, direttore generale dell'Usl - già questo potrebbe rappresentare una boccata di ossigeno in un periodo come quello attuale». In questo modo si potrebbe contare su una forza maggiore anche all'interno degli ospedali pubblici. Cosa tutt'altro che secondaria mentre ci si avvicina ancora una volta alla soglia dei 140 ricoverati Covid positivi, che rischierebbe di far scattare una nuova riduzione delle attività ordinarie. «Dovremmo fare in modo che il legislatore preveda anche questa opzione per quanto riguarda i pensionati - specifica il presidente della Regione -, non perché non dobbiamo investire sui giovani. Ma se oggi a livello generale mancano 45mila medici, è assurdo che un chirurgo vada in pensione a 70 anni per poi, attraversando la strada, poter continuare a lavorare da pensionato nel privato, mentre nel pubblico non è più possibile».
L'ESEMPIO
C'è un esempio lampante. Nei prossimi giorni 5 medici cesseranno l'incarico all'interno di altrettante case di riposo del trevigiano (Bon Bozzolla di Farra, Casa Mia di Dosson, Sartor di Castelfranco, Civitas Vitae di Vedelago, Casa Marani di Paese). Seguivano in tutto 210 anziani. «Dagli interpelli non sono emerse disponibilità - rivela Benazzi - ma non ci sono problemi perché le rsa possono rivolgersi direttamente anche ai medici in pensione. Cosa che noi non possiamo fare. Non dico di far lavorare gli specialisti fino a ottant'anni. Ma credo che sarebbe opportuno dare la possibilità di continuare nel pubblico, per chi ha voglia, almeno per qualche altro anno dopo i 70». «Uno specialista potrebbe restare molto più volentieri nella comfort zone che conosce da anni, con il team con il quale lavora da tempo. È un discorso che vale per qualsiasi professionalità all'interno del mondo della sanità - tira le fila Zaia -. Io dico che varrebbe la pena di valutare questo aspetto. Anche perché quel professionista si è formato con i soldi pubblici».
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