Lorenzo, Marco e Mauro sulla Marmolada durante la tragedia: «Ora vogliamo tornare lì»

Lunedì 25 Luglio 2022 di Annalisa Fregonese
I tre testimoni della tragedia della marmolada pronti a tornare sulla montagna
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CODOGNE' - Per Marco Porcedda e Mauro Feltrin il 3 luglio scorso era la loro prima volta sulla Marmolada. A portarceli Lorenzo Danelutti, alpino, che conosce bene la “Regina”. Una prima volta che rimarrà impressa per sempre nella loro memoria: erano lì quando il ghiacciaio si è staccato travolgendo e uccidendo 11 persone che stavano salendo. Danelutti sulla Marmolada ci vuol tornare, malgrado abbia assistito alla tragedia in diretta. «Sinceramente non ho timore - dice - Quel giorno non ho mai percepito di essere in pericolo, forse perché avevo percorso quelle vie più volte. Dopo il tragico evento avevamo deciso di scendere nuovamente sulla via ferrata fatta la mattina, quindi senza scendere sul ghiacciaio. Lo so che in questo momento una frase del genere possa suscitare perplessità, ma sono aspetti difficili da comprendere per chi non coltiva passioni».


IL RACCONTO
Quella domenica l’hanno sognata a lungo. Sono partiti alle 4 del mattino, destinazione lago Fedaia. Percorrendo la ferrata sulla Cresta Ovest, quindi non dal ghiacciaio, sono arrivati a Punta Penia, 3.343 metri. L’ì hanno incontrato Carlo Budel, che Lorenzo Danelutti già conosceva («l’anno scorso gli ho portato la marmellata di mele cotogne, simbolo di Codognè). I tre amici hanno prenotato per la notte al rifugio. «Volevamo assistere al tramonto e all’alba, che in vetta sono magia pura». Al rifugio è un viavai continuo: escursionisti che arrivano, altri che si mettono in marcia per rientrare.


L’INCONTRO
«C’erano diversi stranieri – ricorda Danelutti - soprattutto cechi e francesi. Abbiamo fatto conoscenza con alcune persone: tra loro tre padovani e una coppia di giovani, tutti pronti a partire per il rientro». La tragedia irrompe spazzando via quei momenti splendidi. «Erano passate da poco le 13.30 quando, all’improvviso, ci ha sorpreso un forte boato, simile a un tuono prolungato – ricorda Danelutti -. Ci siamo sporti per guardare il ghiacciaio quando abbiamo visto una massa d’acqua, ghiaccio e detriti spuntare dietro un costone di roccia e correre verso il basso, coprendo buona parte del ghiacciaio. In pochi secondi tutto è finito. Ci siamo trovati di fronte alla croce, increduli. Non capivamo da dove fosse arrivato tutto quel materiale. Abbiamo osservato la lingua scura lasciata lungo il ghiacciaio: attraversava tutta la parte finale dove si trovano le tracce per il rientro al rifugio».


LO SPAESAMENTO
«Abbiamo cercato di capire se c’erano persone nell’area, vedendo qualcuno muoversi. Nel frattempo, sono arrivate anche le persone rimaste al rifugio. Carlo Budel ha avvisato con il cellulare dell’accaduto. Per un attimo ci ha sfiorato il pensiero che tutto fosse andato bene. Poi abbiamo visto qualcuno muoversi oltre la lingua di fango, ma non riuscivamo a distinguere nulla perché tutto era grigio. All’improvviso uno strano rumore ci ha colto nuovamente di sorpresa: una piccola colata di fango scorreva ancora sopra la precedente, mentre in lontananza si sentiva il rumore di un elicottero con i primi soccorritori». I tre amici sono stati testimoni dell’emergenza, e come altri sono stati evacuati da Punta Penia dal soccorso alpino.

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Ultimo aggiornamento: 26 Luglio, 10:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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