Marco Paolini, le grandi domande del "teatro fra parentesi", spazio d'ascolto di sé e del mondo

Domenica 14 Novembre 2021 di Chiara Pavan
Marco Paolini con Saba Angalana e Lorenzo Monguzzi al Comisso di Zero Branco

ZERO BRANCO -  Il suo teatro, per ora, vuole essere “tra parentesi”: uno spazio da formare e riformare ponendosi in ascolto, non soltanto di se stessi, ma anche del mondo che lo circonda. Perché tutto, ormai, è cambiato. Marco Paolini avanza in questo scombinato presente con lo sguardo curioso di chi si pone domande.

Sul “peso” del nostro benessere, sul vero costo del nostro stile di vita sul pianeta e sul senso del nostro stare al mondo, solitari naufraghi sopra una minuscola zattera che vaga in mezzo al mare.

L’INVITO
Ecco allora che il nuovo “Sani! Teatro fra parentesi” che venerdì sera ha inaugurato la stagione del  Comisso di Zero Branco davanti ad una sala da sold out che riscaldava il cuore, accolto dagli applausi del pubblico e degli amministratori - in primis il sindaco Durighetto, le bilbiotecarie e il direttore artistico Corona di “Stivalaccio” - diventa ben più «del saluto propiziatorio della valle del Piave». È un invito a ritornare insieme per sentirsi parte di una comunità che condivide emozioni, pensieri, dubbi e, perchè no, fragilità. Come quel precario castello di carte da gioco in formato XXL che troneggia sul palco, fragile “cattedrale” composta di fanti, cavalli e re che si appoggiano l’uno l’altro in equilibrio provvisorio. Paolini avanza accompagnato dalla splendida vocalist Saba Anglana e dal suo musicista di fiducia Lorenzo Monguzzi: canti antichi, chitarra e armonica si avvolgono attorno alla voce del narratore che sfiora i suoi vecchi Album recuperando qualche ricordo del passato (dall’incontro-scontro con Carmelo Bene sotto la tenda del circo Togni a Treviso alle tensioni da guerra fredda tra Usa e Urss fino al terremoto del ‘76) per poi procedere a cerchi concentrici verso il cuore pulsante del suo lavoro, tra personaggi, memorie e scene che modellano una grande storia in forma di ballata. 

IL CUORE
Al centro, come in tutti i lavori di Paolini, una potente riflessione sull’uomo di oggi, sulle sue sconfinate ambizioni e i suoi limiti, l’arroganza, la fallibilità. Il suo teatro, politico nel più alto senso del termine, fa scricchiolare certezze e convinzioni sotto il peso di domande che erodono gli “assoluti”. E messi ormai sotto scacco «dall’amidgala, che scatena le nostre paure scambiando un rametto per un serpente», Paolini ci spinge ad allungare lo sguardo oltre le zone di sicurezza, immaginando, magari, di poter «descrivere una cattedrale a chi non vede», come suggerisce Carver in un suo racconto. E ripensando a Gaudì e alla sua Sagrada Familia, la grande cattedrale incompiuta di Barcellona, Paolini prova a modellare l’inaspettato, spingendo lo spettatore a farsi sorprendere dall’imprevedibilità della condivisione e del contatto umano. Per sentirsi davvero “Sani!”.

Ultimo aggiornamento: 15 Novembre, 08:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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