L'ultimo saluto a mamma Elisa. “Proteggimi dal cielo” /Foto

Domenica 1 Ottobre 2017 di Elena Filini
Elisa Girotto con la sua piccola Alice, di fianco il marito Alessio
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SPRESIANO - Ad accompagnare Elisa Girotto nel suo ultimo viaggio ieri mattina nella chiesa di Lovadina c’era un uomo svuotato. Con lui, una famiglia svuotata. Quando il dolore è troppo forte, disorienta. Sulla bara di Elisa, 40 anni, coperta di sobri fiori, c’era la sua foto di sposa. Una sposa madre, che abbracciava la piccola Alice quasi a non volersi staccare più. “Proteggimi dal cielo” era scritto in calce. Hanno combattuto fino all’ultimo, tutti. Quello di oggi è solo l’epilogo. E neppure in senso stretto. Perché mille volte in famiglia guarderanno i ricordi della giovane donna stroncata in un anno da un carcinoma al seno. Questo in fondo ha chiesto a tutti: non dimenticatemi. Ieri per lei durante la funzione, 500 cuori battevano all’unisono.
 

 


LA COMMOZIONE
La chiesa colma, le parole amiche del sacerdote, le voci del coro, e quel violino che attacca l’Ave Maria di Schubert. Un codice consolidato, un repertorio da seguire. Il conforto della normalità e del non clamore. Perché Alessio l’aveva chiarito a tutti: «ho, anzi, abbiamo raccontato i nostri ultimi mesi per cercare qualcuno che ci aiutasse e sostenesse». Ora ogni spettacolarizzazione è un di più ingombrante. Si prende la faccia con le mani, si aggrappa a quel feretro Alessio. E un pianto liberatorio lo invade. Anche così si sopravvive, si dà una forma al dolore. I genitori della donna sono composti, eretti, quasi impietriti. Sanno che ad attenderli c’è un compito importante. Che ha un nome e un cognome. Insieme al papà dovranno crescere quella bambina, che ha l’età stessa del male che si è portato via la loro figlia. Tredici mesi: l’una e l’altro. Alice era insieme a un’altra donna, un’altra mamma. Un’amica che Elisa aveva conosciuto durante il parto e che ha un figlio della stessa età della sua. Ricostruire certezze, passa anche dall’amore di altre famiglie, di persone che incontri nella vita.

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ALICE
«La vita non è una costruzione solida. È un germoglio» spiegava il prete durante l’omelia. E il germoglio di Elisa è proprio Alice. Dopo la comunione a prendere la parola è la cognata. Poi il celebrante legge due pensieri per Elisa. Uno è dei nipotini. «Ogni notte guarderemo lassù per vederti, zia». L’altro è del fratello di Elisa. «Mi hai rammentato ogni giorno, negli ultimi tempi mentre ti prendevo la mano di stringere la manina di Alice più che potrò. Devo farlo, voglio farlo. Mi manchi, sorella mia, ma il tempo è un attimo. E noi ci rivedremo». 

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ALESSIO
Alessio non ce la fa, ha indossato la maschera della forza e della combattività troppo a lungo. «Ci siamo conosciuti poco più di 5 anni fa».
Un amore vero. Poi il desiderio di un figlio. E, dopo diversi tentativi, la notizia più bella. La gravidanza, il parto e l’atroce scoperta. Tutto insieme. «Dio è ingiusto. Chissà quante volte l’avrete pensato» riflette il parroco in chiesa. I pensieri di tutti sono concentrati su di lui, sul suo futuro. «Tu che l’hai accompagnata fino all’ultimo respiro devi trovare, poco a poco, la capacità di amare ancora». In pochi minuti la chiesa di svuota. E sono abbracci, parole sussurrate, strette. Mentre la salma di Elisa risale sull’auto verso il cimitero, tra le mani il ricordo che la famiglia ha voluto lasciare ad ognuno. «Non lasciatevi abbattere dal dolore, guardate alla vita che ho cominciato non a quella che ho finito» sussurra Elisa in una foto tra i tulipani che tanto amava. 

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