Piave fuori dall'argine: 30 famiglie evacuate, sgomberate le aree golenali

Lunedì 7 Dicembre 2020 di Paolo Calia e Gianandrea Rorato
Piave a Fagarè di San Biagio
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TREVISO Il Piave ha cominciato a salire già sabato pomeriggio. Da un lato la neve caduta in montagna, dall'altro lo scirocco proveniente dal mare. Il solito mix letale tristemente noto a chi vive lungo gli argini. Quando il fiume si gonfia e lo sbocco al mare viene chiuso dal vento contrario, il risultato sono argini che non tengono, evacuazioni ed esondazioni. Nella notte tra sabato e domenica, il Piave ha raggiunto i livelli di guardia, ha rumoreggiato e lambito i ponti. E la paura è tornata. Alle tre di ieri mattina la portata del fiume ha toccato i 1200 metri cubi d'acqua al secondo. Tra le 8 e le 10 di mattina è arrivata la piena e le aree golenali sono andate sotto. I comuni di Ponte di Piave, San Biagio, Zenson, Salgareda hanno fatto scattare i piani d'emergenza, emanato ordinanze che vietano il transito lungo gli argini, evacuato chi vive in golena con largo anticipo: una trentina di famiglie, cinquantina di persone in tutto.

Alle 7,30 di ieri i sindaci erano già riuniti per pianificare la situazione. Intanto l'acqua saliva e solo dopo mezzogiorno ha iniziato a calare. Ma molto lentamente.

LA PREOCCUPAZIONE Gli umori di chi vive in golena si dividono. I veterani sono abituati: la convivenza col fiume va accettata. Decidi di viverci a ridosso, ma devi mettere in conto anche di ritrovarti l'acqua in casa. Ma ci sono anche i nuovi, quelli che magari hanno scelto la golena perché i prezzi delle abitazioni sono più accessibili, o semplicemente per il piacere di vivere a contatto con la natura del fiume. «Io sono qui da sei mesi», ammette Rosario Dadone, mentre indica la sua casa di via Jesolo a Ponte di Piave ormai semi sommersa. «Non avevo mai visto una cosa del genere, l'agenzia che mi ha affittato la casa non mi aveva avvisato. Magari qualcosa poteva anche dirmela, poteva avvisarmi. Questa mattina quelli del comune sono venuti a prendermi, adesso mi hanno portato in un albergo qui vicino». Per il resto lo scenario è quello di sempre: vigne ricoperte dall'acqua, campi trasformati in acquitrini, case sommerse per metà, qualche auto imprudentemente dimenticata in zone troppo basse e mangiata dall'acqua. A Fagaré la gente si dà da fare per mettere in salvo gli animali da cortile: «Se vivi qui, queste cose capitano. Certo: per vent'anni non è successo niente, adesso ci il Piave esce ogni 2-3 anni - dice Sandro Cenedese, volto storico di Fagarè - in casa avrò 3 centimetri d'acqua, il vero problema è stato mettere al sicuro gli animali. Questa notte la passo in albergo, ma domani (oggi ndr) conto di tornare a casa».

LA POLEMICA Roberto Zanot, residente storico di Via Zattere a Ponte di Piave e portavoce degli abitanti in golena, non ha nascosto la propria preoccupazione. «Abbiamo cominciato a svuotare le stanze al piano terra già dal sabato - dice - tutti qui siamo rimasti svegli tutta la notte per capire la quantità d'acqua che stava arrivando dalla montagna. Prima da Busche 800 metri cubi al secondo, poi mille, poi 1.200. Non abbiamo chiuso occhio. Qui è passato il Genio Civile e la polizia locale per avvertirci del pericolo imminente». Agli abitanti della golena sono tornate in mente le scene viste e, purtroppo, vissute nel 2018 quando il Piave fece davvero paura: «Molti di noi, me compreso, hanno rivissuto nella mente la tragedia del 2018», ammette Zanot. E la paura è tornata. «Dopo i fatti del 2018 lungo l'argine venne destinato un piazzale che sarebbe dovuto diventare un'area per la movimentazione dei mezzi della Protezione Civile. Ebbene, si tratta di un'area coltivata: io sabato sono passato con i miei mezzi e ho rischiato di impantanarmi. Sarà importante cercare di fare qualcosa. Quella è la zona più alta di tutto il territorio comunale e dobbiamo intervenire per il prossimo futuro».

Ultimo aggiornamento: 8 Dicembre, 17:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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