TREVISO - Mario Brandolin è nato il 28 maggio 1914, faceva il maestro elementare ed era stato riformato dal servizio di leva per una grave debolezza di costituzione. Giovanni Vosilla è nato invece il 23 giugno 1913, e a differenza di Brandolin faceva parte dell’esercito italiano. Due vite distinte, iniziate a Pola (quando ancora faceva parte del territorio italiano) e concluse a Treviso, dove abitavano prima di essere catturati dai tedeschi durante la Seconda guerra mondiale. A legarli non è soltanto la deportazione nei campi di sterminio nazisti, e il fatto di essere sopravvissuti, ma anche l’azione legale intentata dai loro familiari, con l’avvocato Elsa de’ Giusti, per ottenere l’indennizzo destinato alle vittime del Terzo Reich messo a disposizione dal ministero dell’Economia e delle Finanze. Un fondo da oltre 55 milioni di euro «per il ristoro dei danni subiti dalle vittime dei crimini di guerra e contro l’umanità per la lesione dei diritti inviolabili della persona». Senza che sia necessario promuovere procedure esecutive contro la Germania. Le udienze sono già state fissate: il 4 luglio per gli eredi Brandolin, il 25 luglio per quelli di Vosilla.
I DOCUMENTI
«Ricostruire le loro vicende non è stato facile -afferma l’avvocato de’ Giusti- Per le vittime era difficile condividere i propri ricordi. Ma le loro famiglie, pur avendo conservato i documenti e nonostante una ritrosia iniziale nel ripercorrere quegli atroci avvenimenti, ora hanno manifestato la volontà di ottenere finalmente una, pur minima, forma di giustizia». Già, perché le vicende di Brandolin e di Vosilla sono fatte di condizioni di lavoro massacranti, alloggi precari, alimentazione inconsistente e drammatiche condizioni igieniche e sanitarie. Nel dossier per la richiesta di risarcimento ci sono foto, lettere spedite ai familiari durante la deportazione, documenti di detenzione, elenchi di presenza, orari di lavoro. Tutto a testimoniare un periodo buio della storia mondiale che Brandolin e Vosilla hanno vissuto riuscendo a tornare a casa. Entrambi non ci sono più (il primo è morto il 4 luglio 1984, il secondo l’11 febbraio 2003), ma verranno insigniti della medaglia d’onore nel corso di una cerimonia a Palazzo dei Trecento.
I RACCONTI
Mario Brandolin venne catturato dai tedeschi nell’agosto del 1944 e internato nel lager di Muhldorf , uno dei 183 sottocampi di Dachau. Lavorava come operaio alla sistemazione della rete ferroviaria danneggiata dopo i bombardamenti. Fu addirittura accusato di spionaggio per aver ideato un sistema per la verifica del posizionamento delle rotaie volto a snellire il lavoro, e quindi ad alleggerire la fatica. Dopo oltre 9 mesi di sofferenza e privazioni, nel giugno del 1945 venne liberato dalle truppe americane e dopo 15 giorni rientrò a Treviso, dove la moglie e il figlio faticarono a riconoscerlo a causa delle precarie condizioni fisiche. Giovanni Vosilla venne invece imprigionato dalle truppe slave l’8 aprile 1944 e tre mesi dopo, il 25 luglio, venne prelevato a Zagabria dai tedeschi e portato nel campo di concentramento 18–B, a circa 4 chilometri da Berlino. Lo misero a lavorare in una fabbrica di armi, reparto fonderia, per 14 ore al giorno con turni anche di notte. A salvargli la vita, il 25 aprile 1945, furono le truppe russe, ma tornò a Treviso soltanto l’8 agosto, quasi quattro mesi più tardi.
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