«Compiano era malato compulsivo di collezionismo: va assolto per il crac»

Venerdì 27 Novembre 2020
Luigi Compiano

TREVISO «Compiano era una persona affetta da una compulsione che lo portava a un bisogno smodato di fare il collezionista. Era malato. Anche il pubblico ministero ha riconosciuto la sua semi infermità mentale». Ha parlato per tre ore Piero Barolo, l'avvocato difensore di Luigi Compiano, l'ex patron di North East Service finito a processo per il crac del gruppo e per il quale il pubblico ministero Massimo De Bortoli ha chiesto nove anni di reclusione e la confisca di oltre 3 milioni e mezzo di euro.

Lui, il grande vecchio della vigilanza privata, non era in aula. Non ci sarà neppure il 7 gennaio quando l'udienza riprenderà con la contro repliche della Procura e delle parti civili per poi scivolare, presumibilmente da lì a un mese, verso la sentenza.

LA DIFESA «L'ammanco di denaro - ha detto Barolo prima di chiedere l'assoluzione - non costituisce una bancarotta per distrazione ma più semplicemente un'appropriazione indebita. Il denaro non è mai entrato nella disponibilità dell'azienda, è sempre stato di chi lo aveva depositato. E l'appropriazione indebita si è consumata nell'esatto momento in cui avveniva la sottrazione del denaro, cui venne data una destinazione incompatibile con il titolo per il quale era in deposito. E questo avvenne quando Luigi Compiano se ne appropriò e lo spese per la collezione di auto e natanti di pregio. E quindi il reato si è prescritto nel gennaio di quest'anno».

LE CONTESTAZIONI Compiano è accusato di aver sottratto 36 milioni di euro dai caveau in cui era conservato denaro liquido di soggetti come Ikea, la banca marocchina Attijariwafa, Veneto Banca, Intesa San Paolo, Unicredit, Mondialpol Service, Mondialpol Bergamo, Mondialpol Milano, Vedette Due, Ipermontebello spa, Coop Service e Zurich Insurance, tutti costituitisi come parte civile, per acquistare modelli di lusso di autoveicoli e natanti: 400 auto, 100 motociclette e 70 imbarcazioni. Il presidente della Nes avrebbe portato avanti il suo giochino molto facilmente per anni: banche e supermercati gli affidavano contanti per trasporto e custodia e lui a ogni consegna avrebbe sottratto denaro, accumulando una fortuna. Il teatrino è andato avanti fino a quando due clienti della Nes, Veneto Banca e Intesa San Paolo, hanno chiesto di riavere i loro depositi, tra i 23 e i 40 milioni di euro. Li volevano cash e subito; invece in azienda sono stati trovati solo 29 assegni firmati da Compiano a titolo di garanzia e nessuna banconota.

L'INDAGINE La ricostruzione che il pubblico ministero De Bortoli aveva svolto nella precedente udienza era stata un'accurata narrazione tutta tesa a giustificare perché si chieda di riqualificare l'appropriazione indebita in bancarotta per distrazione. Secondo l'ipotesi accusatoria infatti i 36 milioni di euro entrati in deposito nel caveau di Nes sarebbero stati prelevati da Compiano, che di quelle trasfusioni di liquidità avrebbe pure lasciato tracce evidenti documentando con una sorta di contabilità parallela l'ammontare di quanto si sarebbe messo direttamente in tasca. Buste che arrivano direttamente alla sede di via Roma 20 a Treviso della società, che poi garantiva la restituzione di quei soldi con assegni che fanno riferimento ai conti correnti della North East Service. Per gli inquirenti quella è la prova che il denaro era entrato nella disponibilità di Nes prima di passare nelle mani di Compiano, il quale quindi li avrebbe sottratti all'azienda di cui era il legale rappresentante. Barolo smonta pezzo per pezzo la tesi della Procura e in particolare si accanisce contro l'ipotesi di bancarotta documentale. «Se possiamo dire una cosa paradossale - conclude l'avvocato - esisteva un conto, creato da Nes, dove venivano annotati tutti gli ammanchi. Questo non ha impedito di ricostruire le appropriazioni indebite, ha semmai agevolato il lavoro di ricostruzione della curatela. Tanto è vero che la guardia di finanza, nella sua relazione alla Procura, solo tre giorni dopo scrisse che non c'è voluto nessuno per fare i conti al centesimo ma è bastato andare su un software, cliccare e le somme erano lì, in bella mostra».

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