Lega, polemica sul simbolo siciliano voluto da Salvini: «Dimentichiamo il Nord, nessuno tocchi Alberto da Giussano»

L'eurodeputato Da Re attacca il leader: " Cambiamenti così radicali si decidono nei congressi. Che non si fanno"

Martedì 26 Aprile 2022 di Paolo Calia
Il simbolo "Prima l'Italia" voluito da Salvini e quello "tradizinale"
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TREVISO - «Se è un esperimento politico, che resti pure confinato in Sicilia. Ma se qualcuno pensa di utilizzarlo anche a livello nazionale, dico di no. Che nessuno tocchi il nostro Alberto da Giussano: per noi è irrinunciabile». Gianantonio Da Re, eurodeputato della Lega e già ex segretario veneto e trevigiano, come sempre non le manda a dire. Il simbolo del movimento politico Prima l'Italia depositato per le amministrative siciliane da Matteo Salvini, ha scatenato un vero putiferio in Veneto e a Treviso, dove i militanti di lungo corso, e anche i nuovi a dire il vero, si sono sentiti traditi. Primo tra tutti Da Re, pronto a fermare quello che sembra un nuovo partito dove far confluire il centrodestra, Lega compresa. «La Sicilia sarà anche un laboratorio politico, ma stiamo attenti. Sento parlare di fusione tra Lega e Forza Italia. Ricordo a tutti che in politica tre più tre non fa mai sei, ma quasi sempre due e mezzo». E poi respinge al mittente la spiegazione che quel simbolo tanto discusso non è una novità di oggi: «Ma non è così! È stato depositato di recente da Calderoli».

IL PRECEDENTE
L'eurodeputato, su cui pende già da mesi la minaccia di un provvedimento disciplinare sempre per le critiche rivolte a Salvini, evoca anche antichi fantasmi: «Quando Tosi, da segretario nazionale della Lega, fondò il suo movimento, Il Faro, si andò a schiantare. Il simbolo della Lega non va toccato.

Siamo il partito più vecchio presente in Parlamento, quello con più storia. E la storia non può essere cancellata. Abbiamo dei valori rappresentati da Alberto da Giussano che devono essere rispettati. Altro che nuovi simboli. Se tutto questo resterà confinato in Sicilia, facciano pure. Ma che non lo si utilizzi nel resto d'Italia». Da Re carica a testa bassa - «tocca sempre a me farlo», sottolinea con un sorriso - e non ha paura delle conseguenze: «Il provvedimento disciplinare? A questo punto penso proprio che diventerà esecutivo». Ma non molla la presa: «Cambiamenti così radicali, come le scelte dei simboli, vanno presi durante le assemblee e i congressi - ribadisce - sinceramente non ricordo di recente niente di tutto questo. O forse le hanno fatte e non mi hanno invitato».

MAL DI PANCIA
Da Re dà voce a un malcontento che serpeggia nella Marca. Da quando l'effigie di Prima l'Italia si è diffusa, le voci contrarie si sono moltiplicate. La roccaforte leghista, dove è più forte lo scontro con i salviniani, ribolle di rabbia. Lo ha toccato con man anche Gianangelo Bof, commissario provinciale trevigiano a cui, come al solito, tocca l'ingrato compito di tenere tutti buoni: «Molti militanti mi stanno contattando e scrivendo - ammette - c'è del fermento e tanto sconcerto. Ho parlato con i vertici regionali e mi hanno garantito che è una storia gonfiata, che quel simbolo c'era già e che per la Lega non cambia assolutamente niente». Sarà, ma nella Marca in tanti stanno mettendo in fila vari episodi: la legge e i finanziamenti per Roma capitale, la frenata sul fronte dell'autonomia e adesso il simbolo del nuovo movimento politico depositato dai vertici leghisti. E non si fidano. «I nostri sono un po' disorientati», ammette Bof. E cresce la voglia di un vero congresso. Quelli di sezione sono già in corso, per l'autunno è annunciato quello provinciale. E lì sarà il momento della resa dei conti tra chi vuole la difesa dei valori leghisti - «Le questioni del Nord sono uscite da tutti i nostri ragionamenti», osserva un big - e chi sposa la linea di Salvini più orientata verso un partito nazionale. Ma il traguardo è ancora lontano. E il braccio di ferro sul simbolo rischia di provocare spaccature insanabili.
 

Ultimo aggiornamento: 08:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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