CESSALTO - È diventata definitiva la condanna a carico di Giovanni Artico, ex sindaco di Cessalto per due mandati, dal 2002 al 2012, ed ex dirigente della Regione Veneto. Nel 2013, per ottenere l'incarico di direttore di un Dipartimento (ricoperto per due anni, dal 2014 al 2015) dichiarò di avere conseguito una laurea in Scienze Politiche a Trieste venti anni prima, mentre invece era in possesso soltanto di un titolo di doctor honoris causa rilasciato dall'Universitas Internationalis Studiorum Superiorum Pro Deo di New York, non riconosciuto in Italia.
LA SENTENZA
La Corte di Cassazione ha infatti respinto il ricorso presentato da Artico contro la sentenza emessa lo scorso anno dalla Corte d'Appello di Venezia, che lo ha riconosciuto responsabile dei reati di falso ideologico e truffa, infliggendogli un anno e due mesi di reclusione (pena sospesa), nonché imponendogli il risarcimento di 20 mila euro per il danno morale provocato alla Regione.
LA VICENDA
Artico giunse in Regione nel 2005 con vari incarichi dirigenziali a termine, per i quali non era obbligatoria la laurea, richiesta invece per l'ultimo incarico da lui ricoperto. Per anni alla guida del piano di disinquinamento della laguna di Venezia, nel giugno 2014 fu arrestato nell'ambito dell'inchiesta Mose con l'accusa di corruzione. Restò in carcere per 24 giorni, per poi essere assolto con formula dubitativa nel 2015, dopo essersi dimesso dalla Regione. Nel 2017 fu la stessa Regione a presentare un esposto in Procura per la laurea fantasma. Nell'agosto 2020 dunque la sentenza della Corte d'appello di Venezia confermò sia la pena nonché il risarcimento per il danno morale decisi in primo grado. La Corte respinse dunque le tesi della difesa, secondo cui Artico avrebbe agito in «buona fede», convinto dell'irrilevanza del requisito della laurea, dopo dieci anni passati da dirigente. Argomentazioni che non convinsero i giudici di secondo grado.
Nella loro sentenza spiegarono come la laurea, dal 2012, fosse diventata un requisito necessario per i dirigenti assunti a tempo determinato. Subito dopo quella sentenza, l'annuncio della difesa di voler ricorrere al terzo grado di giudizio. Ieri dunque il responso della Cassazione.