Il massacro, la spesa, e il ritorno nella casa per frugare nelle stanze: ricostruito il delitto del killer delle merendine

Ecco le ultime ore dell'assassino di Adriano Armelin

Sabato 9 Aprile 2022 di Maria Elena Pattaro
Mohamed Boumarouan e Adriano Armelin
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PIEVE DI SOLIGO (TREVISO) - Il killer è tornato nella casa del massacro con la spesa rubata e un paio di scarpe nuove, scambiate con quelle macchiate di sangue. Per rovistare nelle stanze al primo piano. Mentre Adriano Armelin, 83 anni, agonizzava ai piedi delle scale, con il cranio fracassato, in una pozza di sangue. Era venerdì 25 marzo: una data che difficilmente la Marca dimenticherà. Sono passate due settimane dall'efferato omicidio che ha sconvolto Pieve di Soligo e l'intera provincia di Treviso. Quindici giorni in cui i carabinieri della compagnia di Vittorio Veneto hanno cercato di mettere insieme tutti i tasselli (filmati di videosorveglianza, testimonianze, rilievi tecnici) per ricostruire il delitto. Il risultato non fa che aggiungere orrore all'orrore. Secondo gli inquirenti Mohamed Boumarouan, il 36enne marocchino ora in carcere a Treviso con l'accusa di tentata rapina aggravata e omicidio preterintenzionale, è tornato in via Schiratti dopo aver massacrato l'anziano, in preda ai fumi dell'alcol.

Come se niente fosse. Anzi dopo aver fatto tappa nel vicino supermercato In's di via Aldo Moro: 450 metri più in là, sei minuti a piedi dalla casa di Armelin.


AL MARKET DOPO IL DELITTO

Secondo gli inquirenti l'assassino avrebbe agito dalle 18 alle 19.45 di quel maledetto venerdì. La prima intrusione risale a poco dopo le 18: il 36enne si intrufola nell'ex officina di elettrauto annessa all'abitazione e ora dismessa. Nessun segno evidente di effrazione alle porte. Lo straniero fruga nel locale e forse anche all'interno della vecchia Volkswagen Polo, trovata con il baule aperto. I rumori insospettiscono l'anziano, storico elettrauto del paese, che scende le scale e sorprende il ladro all'ingresso. Il resto è cronaca di una morte efferata: il killer lega la vittima mani e piedi con una corda e poi gli sferra una serie di colpi: alla testa, al torace, all'addome. Sono quelli al cranio ad essergli fatali: Adriano morirà la mattina seguente in un letto del Ca' Foncello di Treviso, dopo 12 ore di agonia. Dopo il pestaggio il marocchino abbandona l'abitazione. Raggiunge a piedi il supermercato dove arraffa una pacco di surgelati e si cambia le scarpe. Lo aveva già fatto una settimana prima nel punto vendita gemello, poco distante da lì. Anche in quel caso aveva fatto cambio di calzature: quelle nuove infilate ai pedi, le sue lasciate dentro la scatola per poi fuggire prima dell'arrivo delle forze dell'ordine. Venerdì pomeriggio compra qualche birra e arraffa il resto. Poi si allontana di nuovo e torna nella casa di Armelin. Chi lo incrocia non sa di avere di fronte un assassino. Il 36enne sale al primo piano e rovista nelle stanze, a caccia probabilmente di contanti e gioielli. Ma non riuscirà a portare via niente, disturbato dall'arrivo di Andrea, uno dei figli della vittima, accorso in via Schiratti perché il padre non rispondeva al telefono da ore. A intercettare la fuga rocambolesca dalla terrazza e poi attraverso la tettoia è un vicino di casa, che ferma il 36enne fino all'arrivo dei carabinieri.


I RILIEVI

L'abitazione è ancora sotto sequestro e giovedì la scientifica è tornata per fare ulteriori accertamenti. Lunedì invece il killer racconterà la sua verità durante l'interrogatorio del pm richiesto dal difensore, l'avvocato fiorentino Filippo Viggiano. Il marocchino non ha ancora fornito spiegazioni né sulla dinamica né sul perché di tanta violenza. Di fronte al gip aveva tenuto la bocca cucita. «Mi dispiace, non volevo ucciderlo», ha riferito al suo legale.

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Ultimo aggiornamento: 10:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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