Trevigiano rapito in Siria. Ex mujaheddin condannato ma con attenuanti: fornì informazioni sul caso Pozzobon

Martedì 12 Marzo 2019
Fabrizio Pozzobon
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È stato condannato a 4 anni e 2 mesi di carcere Sayed Fayek Shebl Ahmed, ex mujaheddin egiziano che ha combattuto in Bosnia, residente nel Comasco e ora detenuto a Nuoro, imputato di terrorismo internazionale per aver convinto il figlio Saged, 23 anni, a partire per la Siria nel 2014 e combattere tra le file di un gruppo legato ad Al Nusra, denominato Harakat Nour al-Din al-Zenki.

LE INFORMAZIONI SUL FIGLIO DELL'EX LEGHISTA TREVIGIANO RAPITO IN SIRIA
La sentenza è stata emessa in abbreviato dal gup di Milano Stefania Pepe, a seguito dell' inchiesta del pm Enrico Pavone e della Digos. Secondo l'accusa, il 53enne ha organizzato e finanziato il viaggio del figlio (irreperibile), inviandogli compensi mensili da 200 euro. Il gup gli ha concesso le attenuanti generiche come chiesto dal pm, perché Sayed avrebbe fornito agli investigatori italiani, tramite il figlio Saged, informazioni sul rapimento di Fabrizio Pozzobon, idraulico di Castelfranco Veneto ed ex consigliere comunale leghista che, forse partito per la Siria con «l'intento di arruolarsi» con i ribelli al regime di Assad, sarebbe poi stato rapito.

Il giudice ha anche stabilito, come richiesto dal pm (la Procura aveva chiesto una condanna a 5 anni e 4 mesi), l'espulsione dell'uomo dall'Italia a pena espiata. Le motivazioni della sentenza tra 90 giorni.

L'egiziano era stato arrestato nel gennaio dello scorso anno con un'ordinanza cautelare in carcere emessa anche nei confronti del figlio, foreign fighter in Siria e latitante. La madre del giovane, Halima, invece, era stata espulsa per motivi di sicurezza pubblica.

«Abbiamo trovato situazioni di tanti tipi, ma una famiglia così compatta nella radicalizzazione non ci era mai capitata», aveva spiegato all'epoca Claudio Ciccimarra, capo della Digos di Milano, chiarendo i dettagli dell'operazione iniziata nel marzo 2015 dopo una comunicazione che proprio il padre aveva riferito alla Digos di Como (la famiglia viveva nel vicino comune di Fenegrò) per depistare le eventuali indagini su di loro.
Il figlio del 53enne era partito dall'Italia per la Siria il 30 giugno 2014 per unirsi alla brigata Nour al-Din al-Zenki, confluita con altre formazioni jihadiste nell'organizzazione terroristica Hayiat Tahir Ash Sham. Il difensore dell'imputato, l'avvocato Giusy Regina, ha sostenuto, invece, che quel padre non è un terrorista, ma «piuttosto che tenere suo figlio in Italia a spacciare, ha deciso di mandarlo in Siria». L'avvocato aveva chiesto a più riprese di sentire due agenti della Digos che indagarono sul caso e rappresentanti dei Ministeri degli Esteri di Stati Uniti e Turchia. «Anche gli Usa e la Turchia - aveva spiegato il legale - come il mio assistito, hanno finanziato combattenti di Al-Nusra, ma loro non sono imputati». E ha ricordato che la Procura milanese aveva chiesto l'archiviazione dell'indagine per terrorismo nei confronti di Saged per poi riaprirla nell'agosto del 2017, ossia «dopo che gli Stati Uniti hanno definito organizzazione terroristica la brigata Harakat Nour al-Din al-Zenki».
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