Insulto razzista al calciatore, punita solo la sua squadra che ha lasciato il campo

Giovedì 14 Ottobre 2021 di Giuliano Pavan
Ousseynou Diedhiou, il difensore del San Michele Salsa insultato da uno spettatore
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VITTORIO VENETO - Forse è giunto il momento di mettere mano al regolamento. Già, perché dopo l’insulto razzista rivolto Ousseynou Diedhiou, 27enne difensore centrale del San Michele Salsa durante la partita di Prima categoria di domenica sul campo della Cisonese, a essere punita è stata solo la condotta della squadra ospite, che al 25’ del primo tempo ha lasciato il terreno di gioco in segno di sostegno al compagno con conseguente sospensione della gara. Il giudice sportivo ha infatti confermato la sconfitta per 3-0 a tavolino del San Michele Salsa, e le squalifiche di Marco Russo (espulso dall’arbitro per proteste) e del capitano Miki Sansoni, reo di aver ritirato la sua squadra. «Onestamente non me l’aspettavo - ha dichiarato capitan Sansoni - Ci stava la squalifica di Russo.

Può starci anche la sconfitta a tavolino. Ma la mia sinceramente no». E per la Cisonese? Nessuna ammenda, come previsto dal regolamento.


LA DECISIONE

Il giudice sportivo del comitato veneto della Figc, Giovanni Molin, ha di fatto colpito solo il San Michele Salsa non essendoci stati cori razzisti ma soltanto un insulto, come scritto dall’arbitro Ciprandi di Treviso nel rapporto di gara, da parte di un isolato sostenitore. Che tra l’altro la Figc non individua, anche se è stato lui stesso, in un’intervista rilasciata a Il Gazzettino, ad ammettere le proprie colpe. Si chiama Vincenzo Signorotto, è un imprenditore di 60 anni ed è il padre di Angelo, centravanti della Cisonese che tra l’altro domenica scorsa aveva pure segnato il gol dell’1-0 prima che la partita venisse sospesa. «Sono un fesso, non un razzista - aveva detto Signorotto - e mi scuso con Diedhiou, ragazzo che conosco molto bene». Il giudice sportivo non ha ravvisato «nel comportamento del capitano una causa di giustificazione per il rifiuto di proseguire, neppure sotto il profilo delle ragioni di particolare valore morale e sociale. L’insulto, per essere discriminatorio, deve connotarsi per essere motivato da intenzionalità discriminatoria». Ne consegue che l’interruzione del gioco deve avvenire quando, per effetto di comportamenti in campo e fuori, si crei una situazione di turbolenza da interferire con il regolare svolgimento. 


LE REAZIONI

In casa del San Michele Salsa, che ieri sera è stato protagonista anche in un collegamento in diretta con Porta a Porta su Rai 1, mentre venerdì a mezzogiorno sarà di scena a “I fatti vostri” su Rai 2, la sentenza è stata presa con tranquillità: «Che possiamo dire? - ammette il dg Sergio Faraon – La sentenza si accetta e non si commenta. Era tutto previsto: quando ritiri la squadra è logico che ti puniscano». Non ci saranno dunque ricorsi. A Cison di Valmarino la società del presidente Celeste Stella e dell’allenatore Michele Cavecchia a sua volta ha accolto con un sospiro di sollievo il responso: «Pensavamo a una possibile squalifica del campo - afferma Luciano Pasin, dirigente accompagnatore - Per fortuna non è arrivata». Una decisione diversa era invece auspicata da capitan Sansoni, centrocampista di 33 anni che da 14 gioca con San Michele Salsa: «Intanto pensavamo che non si dicesse che l’uomo che ha urlato l’insulto a Diedhiou non era stato identificato. Parlando con i miei compagni poi immaginavamo che il giudice facesse ripetere la partita, o ci facesse ripartire dal minuto in cui siamo usciti per una questione di buonsenso più che altro. Ma ci sono i regolamenti, e anche se accadono cose gravi non si può, come si è visto, passarci sopra, non ci possiamo fare niente. La nostra decisione non è stata fatta solo per l’insulto, ma per l’incolumità dei giocatori. Si era creato troppo nervosismo».

Ultimo aggiornamento: 12:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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