Chiesa arcobaleno a San Giuseppe di Treviso, aperta a tutti. Il prete: «Offese contro di noi, ma andiamo avanti per i diritti»

Lunedì 22 Maggio 2023 di Mauro Favaro
Chiesa arcobaleno a San Giuseppe di Treviso, aperta a tutti

TREVISO - «C’è una Chiesa in cammino. Non una nuova dottrina tutta stabilita, ma un cammino che si fa in ascolto della parola di Dio, seguendo con luce nuova anche la tradizione. Perché non è detto che tutta la Chiesa abbia sempre avuto una preclusione totale». Don Giorgio Riccoboni, parroco di San Giuseppe, già parroco del Duomo, parla così della veglia con preghiere e testimonianze celebrata venerdì sera contro l’omotransfobia e le violenze a essa collegate. Non era mai accaduto nella Marca. A San Giuseppe sono state aperte le porte ai gruppi Lgbtqia+ cristiani. Non solo idealmente, ma anche concretamente. Un centinaio di persone hanno affollato la chiesa. Sull’altare, assieme a don Giorgio, c’era don Francesco Filiputti, parroco di San Bartolomeo. E sui banchi dei cartellini arcobaleno, coma la bandiera sul pulpito, uno per ogni posto: “Siamo un gruppo di giovani che credono in una chiesa di tutt* e per tutt*”.

Don Giorgio, com’è nata la veglia?
«Il punto di riferimento è stato padre Pino Piva. L’idea ha preso forma in un convegno a Bologna per sacerdoti e laici impegnati nella pastorale di accompagnamento delle persone omoaffettive e omosessuali. Di seguito, incontrandoci tra gruppi delle varie province (con Treviso anche Mestre, Padova e Vicenza, ndr), abbiamo pensato a un appuntamento comune e condiviso».


Da chi è composto il gruppo che si è formato a Treviso?
«Da sacerdoti, genitori con figli e figlie omosessuali, persone omosessuali, sia uomini che donne, ma anche persone eterosessuali, sposi, padri e madri di famiglia. E’ stata raccolta quella fetta di Chiesa che manifesta una sensibilità o per esperienza diretta o perché si sente chiamata all’accoglienza, all’accompagnamento, all’ascolto, al rispetto e alla cura di queste persone, perché possano trovare luce di una volontà di Dio su di loro».


Per qualcuno l’apertura alle persone omosessuali è in contrasto con la linea generale della Chiesa.
«Non è così. Noi prendiamo le mosse dell’Amoris Laetitia (articolo 250, ndr), dove il papa fa riferimento proprio a esperienze vissute da genitori e da persone omosessuali. Nel tempo hanno subito discriminazioni e l’esclusione da alcune esperienze, non solo all’interno del mondo ecclesiale ma anche del mondo civile».


Le critiche degli ultraconservatori non sono mancate.
«Si sono fatti sentire anche con messaggi offensivi. Ci sono alcune frange della Chiesa un po’ più radicate in una tradizione monolitica. Ma non stiamo parlando della maggioranza. Se fosse così, avremmo sentito anche il richiamo da parte dei vescovi delle diocesi interessate. E invece non c’è stato. In un mondo pluralista, comunque, le critiche ci stanno. Non dico che tutti la dobbiamo pensare allo stesso modo. L’importate è farlo nel rispetto e nell’accoglienza reciproca, anche a fronte della diversità di idee. Lo insegna il Vangelo, ma anche l’educazione civica».


Dopo la veglia contro l’omotransfobia, sono possibili aperture anche sulla Comunione?
«Siamo in cammino e in ricerca con la speranza di trovare quella luce che permetta anche a queste persone di partecipare alla vita di fede. Mi sto divorando libri e convegni per dare una risposta di cuore ma anche di testa».


Negli ultimi tempi ci sono state diverse polemiche sul nodo dell’iscrizione all’Anagrafe dei figli delle coppie omogenitoriali. Come vede la questione?
«La speranza è che ai bambini siano garantiti tutti i diritti civili. Ci auguriamo che si trovi, almeno per quanto riguarda me e il nostro gruppo, una soluzione anche dal punto di vista giuridico. Nel cuore c’è tutta la speranza».

Ultimo aggiornamento: 10:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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