Avevano auto e seconde case, ma intascavano il reddito di cittadinanza: l'Inps scova 293 furbetti

Sabato 1 Maggio 2021 di Paolo Calia
Il palazzo dell'Inps: scovati 293 furbetti che hanno percepito il reddito di cittadinanza indebitamente
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TREVISO -   Un esercito di furbetti e una montagna di soldi ricevuti indebitamente e che adesso devono essere restituiti. Centesimo dopo centesimo. L’Inps trevigiana ha condotto un’analisi certosina sui trevigiani che percepiscono il Reddito di Cittadinanza. Sono state passate al setaccio le domande arrivate, e accolte, in tutto il 2020. Risultato: 293 persone hanno incassato l’assegno mensile senza averne diritto. E adesso l’Inps, oltre a mandare tutti i dossier in Procura, chiede indietro i contributi ricevuti: 870mila euro.

Nel calderone dei furbi di Marca si trova di tutto: chi ha semplicemente commesso un errore nella compilazione dei moduli; chi invece ha voluto raggirare l’istituzione magari avendo già un’occupazione. E chi ha cercato un modo per sopravvivere alla mancanza di lavoro provocata dalla pandemia. Insomma: un mix do sbadati, sfortunati e furbastri.

L’ANALISI

A condurre l’indagine, portata avanti incrociando le banche dati di vari enti e supportando anche l’azione delle forze dell’ordine impegnate in verifiche del tutto analoghe, è stato il direttore dell’Inps di Treviso-Belluno Marco de Sabbata. Che osserva: «La Pandemia ha prodotto oggettivamente nel Paese una forte crisi economico sociale. Il legislatore ha previsto per i cittadini in difficoltà economica e fragili prestazioni sociali a sostegno del reddito come il Reddito di Cittadinanza. Per ottenere il beneficio economico il cittadino deve possedere determinati e specifici requisiti previsti dalla legge. Non vi è, pertanto, una via di mezzo: la persona agisce nel perimetro della legalità oppure si muove al di fuori e contro la legge». Questa la base di partenza. Tutto il resto viene di conseguenza, soprattutto il controllo che diventa particolarmente accurato quando si parla di un contributo “sociale”, quindi diretto a chi è in difficoltà e non a chi ha semplicemente voglia di arrotondare. Per questo le domande sono state controllate e verificate una per una: «Ci si muove al di fuori della legge - precisa De Sabbata - omettendo o producendo false dichiarazioni sullo status personale, sul nucleo familiare, sulla situazione reddituale». E prima o poi chi sgarra finisce nella rete: «Nella fase di controllo sono svolte dall’Inps indagini documentali, di verifica ed incrocio delle informazioni presenti nelle banche dati istituzionali - sottolinea il direttore - a ciò si aggiunge una costante e virtuosa sinergia operativa con le forze dell’ordine: guardia di finanza e arma dei carabinieri. Le Istituzioni, quindi, sono accanto e al completo servizio dei cittadini onesti e operano quotidianamente nel pieno rispetto del principio di legalità».

L’INDAGINE

Nella Marca sono state 4.944 le persone che hanno ottenuto l’assegno nel 2020 a fronte di circa 6mila domande presentate. Di queste 293 lo dovranno adesso restituire. La provincia trevigiana è anche quella che ha presentato meno richieste in tutto il Veneto per questo tipo di aiuto. Segno che la pandemia ha colpito sì duro, ma che in qualche modo i trevigiani hanno retto vuoi per la radicata abitudine al risparmio, vuoi per la capacità a riciclarsi o anche per la difficoltà tutta veneta nel chiedere aiuto. L’indagine condotta dall’Inps, portata avanti con verifiche incrociate su liste e documenti da parte della direzione Centrale dell’istituto e della sede provinciale, è arrivata a individuare autonomamente 264 casi dei 293 riguardanti persone con Reddito di Cittadinanza in tasca ma senza averne diritto. Gli altri 29 episodi sono invece risultati dalla verifica fatta dalle forze dell’ordine a cui comunque l’Inps ha contribuito. Adesso tutte le pratiche verranno portate in Procura per valutare le eventuale conseguenze di rilevanza penale.  

Ultimo aggiornamento: 19:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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