«L'industria veneta impari dal Prosecco»: l'idea del trevigiano Giovanni Zoppas

Lunedì 21 Novembre 2022 di Edoardo Pittalis
«L'industria veneta impari dal Prosecco»

«Se riuscissimo a fare per l'industria quello che siamo riusciti a fare per il Prosecco saremmo una regione planetaria.

Ma prima bisogna capire che il futuro è già nel presente, solo che bisogna costruirlo meglio e più sano».


Quel più sano si legge sostenibile. Non ha dubbi Giovanni Zoppas, 64 anni, di Vittorio Veneto, amministratore e direttore generale del Gruppo Tecnica. Il mondo industriale veneto lo conosce bene, è passato per tutti grandi gruppi e le grandi famiglie: Benetton, Coin, Marcolin, Della Valle, Zanatta. Dice che questa è una regione che ha «la dimensione giusta per essere forte e strategica e vanta eccellenze e competenze incredibili». Il Gruppo Tecnica è a Giavera del Montello, terra di latterie, al latte hanno anche eretto una statua; di grandi industrie casearie come la Nonno Nanni. Ci sono 170 aziende attive, un piccolo record. L'intera area alla fine della Grande Guerra era irriconoscibile, sconvolta dalle bombe di cannone. Qui passava la linea del Piave e si è combattuta la decisiva Battaglia del Solstizio; le tracce sono rimaste anche nei nomi, come nella Valle dei Morti. Le prese sono le stradine che salgono il Montello e hanno un numero e il nome di una Brigata. Davanti alla sede della Tecnica c'è la statua di uno sciatore, vecchi sci di legno, quando cade la neve e il prato s'imbianca sembra pronto alla discesa. Il gruppo sta per superare i 500 milioni di euro di fatturato e ha 3400 dipendenti; nel 2021 sono state assunte 478 persone. Opera nel settore dell'attrezzatura sportiva e mette insieme alcuni tra i marchi più affermati e storici: Nordica, Blizzard, Lowa, Tecnica, Moon Boot, Rollerblade. Fabbriche in Ungheria, Austria, Ucraina e Slovacchia; succursali sparse soprattutto negli Usa. Tutto fatto in casa, dal disegno all'industrializzazione. Quasi tutto: i pattini sono fatti in Cina. Dietro la storia del gruppo c'è la famiglia Zanatta: Giancarlo, il fondatore, e il figlio Alberto il presidente. In pieno boom della calzatura sportiva, Giancarlo aprì la Tecnus e creò il primo scarpone in plastica. La pubblicità mostrava un Maggiolino tenuto dalla forza del laccio di uno scarpone. Ha lanciato il Moon Boot, acquisito marchi del settore e, infine, portato nel capitale, in minoranza, un fondo che fa capo alla famiglia Pesenti. Zoppas c'era nel Duemila al tempo delle principali acquisizioni, adesso è tornato.


Dal Cansiglio al Montello: una strada lunga?
«Papà Pietro faceva il camionista e mamma Maria la maestra: mio fratello Marco è medico in pensione dopo una vita nella condotta di Forno di Zoldo. Abitavamo a Ceneda, sono cresciuto a Vittorio Veneto che era una cittadina tranquilla per i ragazzi, tante vasche avanti e indietro nei viali. Allora c'erano quattro cinema e la gente li riempiva. Dopo il liceo classico ho avuto la fortuna di andare a Milano. Tutti andavano a Padova o a Venezia, nessuno a Milano anche perché col treno, con i cambi a Conegliano e a Mestre, ci volevano almeno cinque ore. Ma quello è stato il punto di svolta, passare da una cittadina di piccola tradizione industriale a una grande città. E ci sono arrivato in un momento difficile, negli anni di piombo. Studiavo alla Bocconi e questo ti permetteva di vedere ma stando in un posto riparato. Mi sono specializzato in Economia politica, tra i docenti avevo Mario Monti e tra i più giovani Nando Dalla Chiesa. Quella specializzazione al tempo era abbastanza unica e mi poneva il problema di cosa fare da grande».


Ecco: cosa ha fatto da grande?
«Sono approdato nel 1983 alla Montedison di Mario Schimberni che aveva appena creato il controllo di gestione. Era un colosso con 70mila dipendenti, la chimica al mondo era fatta da quattro aziende e la Montedison era tra queste. La persona che mi aveva voluto in Montedison ebbe due infarti e fu costretta a mollare, decisi di uscire passando alla Andersen Consulting, una multinazionale americana. Ti spiegava come si sta in un'azienda e come partecipare a un progetto e mi sono ritrovato per due anni in un lavoro che riguardava il Veneto e mi ha messo in contatto col mondo Benetton. Poi sono andato a lavorare in Friuli da Gianfranco Zoppas che aveva acquisito le Concerie Cogolo. Nessuna parentela, conosco bene Gianfranco che chiamo il presidente. Sono gli anni del crollo del Muro, l'apertura all'Est europeo, vendevamo impianti chiavi in mano al vecchio mondo dell'ex Unione Sovietica».


Ma anche questo le stava stretto?
«Volevo entrare in un mondo internazionale e nel 1992 Benetton me ne ha dato l'opportunità e per otto anni ho seguito tutte le attività del gruppo: nutro rispetto e gratitudine per i Benetton che mi hanno fatto crescere e non è una cosa da poco. L'altra cosa che ho imparato nel lavoro è la pratica del rasoio di Occam: taglio di tutto quello che non è essenziale e cercare di fare le cose nel modo più semplice possibile, sei già sulla buona strada per non fare disastri. Ho vissuto a contatto con personaggi straordinari come Oliviero Toscani e la sua Fabrica. E c'era la Formula Uno con Briatore che è un altro personaggio incredibile: diceva che gli unici avvocati che costano troppo sono quelli che perdono le cause. Dai Benetton ogni giorno abbiamo fatto qualcosa di nuovo: a livello di creatività è una macchina inarrestabile. Luciano è la sintesi della semplicità, Briatore la sintesi del coraggio».


Ma col Duemila ha nuovamente cambiato?
«Nel 2000 faccio un'esperienza in Glaxo, colosso farmaceutico multinazionale con centinaia di migliaia di dipendenti, ma era un mondo troppo particolare e ho preferito altre strade. Risale ad allora la prima collaborazione con Tecnica. Poi mi chiama l'amico Stefano Beraldo per dirmi che un fondo si era comprato il gruppo Coin e che c'era da salire a bordo. Sotto la guida di Beraldo il gruppo Coin-Oviesse si è trasformato, ha richiamato investitori e, quando nel 2010 c'è stato il passaggio a un altro fondo, ho lasciato per andare a lavorare con Diego Della Valle che era impegnato nel gruppo Marcolin di Longarone, occhialerie. Vado come amministratore delegato, una sfida completamente nuova per me: quello che avevo imparato in vent'anni ora potevo trasformarlo in qualcosa di mio. Solo che dopo pochi mesi anche qui subentra un fondo, lo stesso che era il vecchio proprietario di Coin: ho il sospetto che Della Valle sapesse già tutto e mi avesse chiamato proprio per snellire le operazioni. Della Valle è un altro dal quale si può imparare molto, soprattutto sulla visione strategica delle alleanze. Mi hanno dato la possibilità di lavorare con autonomia e ho riorganizzato l'azienda, da 200 milioni di fatturato a mezzo miliardo. Tanto che i contratti nuovi hanno portato a una nuova fabbrica a Fortogna dove si produceva per lo stilista Tom Ford. E a quel punto mi chiesi perché non creare un polo del lusso dell'occhialeria, con tutta la filiera interna dal disegno alla produzione alla distribuzione. Oggi ci lavorano 1400 persone. Sono riuscito a montare il progetto della vita, a portarlo ad avere le ali per volare da solo. Poi devi solo capire quando devi uscire».


Ed ecco il ritorno al Gruppo Tecnica
«Zanatta mi ha offerto il posto di amministratore, lui ha 85 anni e una dinamicità mostruosa dalla quale si può solo imparare. L'obiettivo è riuscire a creare un'organizzazione che sia adeguata alle sfide future: competenza, informatica, canali online Il tema della sostenibilità è molto sentito: devi sapere cosa fai e devi saperlo comunicare; occorrono fatti veri anche se richiedono tempi lunghi per la realizzazione. Parti dall'analisi del ciclo di vita del prodotto per arrivare a prodotti sempre più compostabili, sempre più biodegradabili. Devi pensare a prodotti che abbiano una vita più lunga. Quest'anno abbiamo chiuso il nostro primo bilancio di sostenibilità».

Ultimo aggiornamento: 17:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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