Morì schiacciato dal carico: «Nessuno sconto di pena per i datori di lavoro»

Mercoledì 2 Giugno 2021 di Angela Pederiva
SANT’ANDREA DI BARBARANA I primi rilievi sul luogo del tragico infortunio sul lavoro, avvenuto il 13 marzo 2018 alla Bioflor
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TREVISO - Sconto di pena al datore di lavoro, se la vittima dell’infortunio ha una parte di responsabilità? Attorno a questo interrogativo, e su sollecitazione dell’avvocato Stefano Pietrobon, il gip Angelo Mascolo aveva sollevato questione di legittimità davanti alla Corte Costituzionale, nel processo per la tragedia avvenuta il 13 marzo 2018 alla Bioflor di Sant’Andrea di Barbarana, dove un camionista era rimasto schiacciato da una tonnellata di terriccio.

Ma per la Consulta è inammissibile il ricorso, mirato a dimostrare che la norma sull’omicidio colposo sarebbe discriminante rispetto a quella sull’omicidio stradale, che invece prevede quella possibilità.


IL CODICE

Nel mirino era finito l’articolo del codice penale, relativo all’omicidio colposo, nella parte in cui non prevede una diminuzione di pena nel caso in cui «l’evento non sia esclusivamente conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole». La richiesta di rinvio a giudizio pende sul titolare dell’azienda, sul responsabile interno della sicurezza e sull’addetto alla movimentazione della merce che stava guidando il muletto, quando venne travolto e ucciso il dipendente di una ditta slovacca che doveva consegnare i bancali di torba. Ai tre vengono contestate negligenza, imprudenza, imperizia, nonché violazione della legge su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, poiché secondo la Procura avrebbero omesso «di adottare adeguate misure tecniche e organizzative» per evitare la disgrazia.


L’ECCEZIONE

Il giudice per le indagini preliminari Mascolo aveva ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di incostituzionalità eccepita dall’avvocato Pietrobon, stando a cui sussisterebbe «una ingiustificata disparità di trattamento tra le due fattispecie di omicidio colposo», benché entrambe prevedano la reclusione da 2 a 7 anni. Per il gip, «si alleggerirebbe la pena» eventualmente inflitta agli imputati, qualora «fosse riconosciuta una condotta imprudente da parte dell’infortunato». Circostanza, quest’ultima, che il difensore intende dimostrare tramite la relazione dello Spisal e il racconto dei testimoni, secondo cui «la vittima si sarebbe portata nel raggio d’azione del carrello elevatore, ponendosi in una situazione di rischio per la propria incolumità». 


IL VERDETTO

Ma la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il ricorso per tre motivi. Innanzi tutto il gip Mascolo, non precisando se i tre avessero chiesto riti alternativi, non è chiamato a decidere sulla loro responsabilità e «ciò rende meramente eventuale e ipotetica – nonché comunque prematura – l’odierna questione». In secondo luogo il giudice, «limitandosi ad indicare il capo di imputazione, omette di prendere posizione sulla ricostruzione dei fatti con riferimento sia alla responsabilità degli imputati, sia soprattutto alla ipotizzata sussistenza di una condotta colposa della vittima». Infine lo stesso magistrato «non spiega adeguatamente le ragioni della asserita omogeneità delle fattispecie in comparazione». Dunque ora il procedimento dovrà riprendere.
 

Ultimo aggiornamento: 08:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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