PAESE (TREVISO) - Duecentomila euro affidati a una donna rom con la speranza di investimenti fruttuosi, di cui però Sergio Miglioranza non aveva ricevuto neanche un centesimo. È il retroscena emerso ieri in aula, durante l’ennesima udienza che vede alla sbarra il 72enne di Paese, accusato di aver incendiato la sua casa di Castagnole, in cui sono morte la moglie Franca Fava, 68 anni, e l’amica di famiglia, Fiorella Sandre, 74, morte asfissiate e carbonizzate.
L’INVESTIMENTO
Una delle testimonianze chiave dell’udienza di ieri mattina è stata quella di un luogotenente dei carabinieri di Montebelluna, ora in pensione. Il militare ha raccontato che Miglioranza avrebbe consegnato a una rom residente nel Padovano i 200mila euro ottenuti dall’assicurazione per la morte del figlio, vittima di un incidente stradale. La mediatrice in questione è nota alla giustizia trevigiana per alcuni casi di truffa. Il 72enne le aveva consegnato l’ingente somma di denaro dietro la promessa di investimenti ad alto rendimento che però tardavano ad arrivare. Motivo per cui l’anziano avrebbe chiesto con insistenza alla donna di restituirgli il capitale. La rom avrebbe cercato di guadagnare tempo restituendogli alla fine la cifra irrisoria di 500 euro, di cui però 300 erano stati chiesti subito come prestito.
GLI INNESCHI
Un altro aspetto su cui insiste la difesa, affidata agli avvocati Rossella Martin e Simone Guglielmin, è che gli inneschi sarebbero troppi per essere stati accesi da una sola persona. Si torna così all’ipotesi che siano opera di qualcun altro. Ma dall’analisi delle celle telefoniche la notte dell’incendio non risulta che ci fossero a Castagnole dispositivi in uso a persone con cui il 72enne aveva avuto contatti recenti. Tanto meno con la donna rom da cui attendeva quei 200mila euro. Vero è che a eventuali terze persone sarebbe bastato spegnere il cellulare per non agganciare le celle.