Il presidente Mattarella nel Trevigiano per le celebrazioni del 25 Aprile

Giovedì 25 Aprile 2019
Il presidente Mattarella nel Trevigiano per le celebrazioni del 25 Aprile
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VITTORIO VENETO - Un autentico bagno di folla per il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella oggi a Vittorio Veneto per le celebrazioni del 25 aprile, segno di grande rispetto per il Capo dello stato. Dopo il momento ufficiale della celebrazione, Mattarella ha passeggiato lungo i portici del quartiere di Serravalle riscuotendo un notevole successo tra i cittadini presenti tanto che ha voluto salutarne molti non negandosi a nessuno e addirittura uscendo dal percorso principale andando da un lato all'altro del viale che era stato scelto per raggiungere l'auto.

A sorpresa poi, Vittorio Veneto, città simbolo dell'unità d'Italia perché vi si concluse praticamente la Prima Guerra Mondiale e che durante la seconda ospitò tra le sue colline e il bosco del Cansiglio gruppi partigiani, si è vestita della bandiera dell'Unione europea offuscando in un qualche modo quel tricolore che, con l'inno di Mameli, erano stati indicati da Mattarella, nel suo discorso, come due simboli imprescindibili del Paese.

MAI BARATTARE LA LIBERTA' IN CAMBIO DI PROMESSE DI ORDINE E TUTELA
«La storia insegna che quando i popoli barattano la propria libertà in cambio di promesse di ordine e di tutela, gli avvenimenti prendono sempre una piega tragica e distruttiva». È il monito lanciato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella da Vittorio Veneto.

 

 
 


Il 25 aprile di Mattarella è iniziato a Roma, dove alle 9 ha deposto una corona d’alloro all’Altare della Patria. 

L'ARRIVO IN VENETO
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è arrivato a Vittorio Veneto per le celebrazioni del 74mo anniversario della festa della Liberazione in Piazza del Popolo , prima della cerimonia ufficiale al Teatro Da Ponte.

11.20 - LA CERIMONIA A VITTORIO VENETO

«Festeggiare il 25 aprile - giorno anche di San Marco - significa celebrare il ritorno dell'Italia alla libertà e alla democrazia, dopo vent'anni di dittatura, di privazione delle libertà fondamentali, di oppressione e di persecuzioni. Significa ricordare la fine di una guerra ingiusta, tragicamente combattuta a fianco di Hitler. Una guerra scatenata per affermare tirannide, volontà di dominio, superiorità della razza, sterminio sistematico». Lo afferma il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla cerimonia di Vittorio Veneto. «Se oggi, in tanti, ci troviamo qui e in tutte le piazza italiane - prosegue Mattarella - è perché non possiamo, e non vogliamo, dimenticare il sacrificio di migliaia di italiani, caduti per assicurare la libertà di tutti gli altri. La libertà nostra e delle future generazioni. A chiamarci a questa celebrazione sono i martiri delle Fosse Ardeatine, di Marzabotto, di Sant'Anna di Stazzema e di tanti altri luoghi d'Italia; di Cefalonia, dei partigiani e dei militari caduti in montagna o nelle città, dei deportati nei campi di sterminio, dei soldati di Paesi lontani che hanno fornito un grande prezioso contributo e sono morti in Italia per la libertà».

«Questo doveroso ricordo ci spinge a stringerci intorno ai nostri amati simboli: il tricolore e l'inno nazionale. È il dovere, morale e civile, della memoria. Memoria degli eventi decisivi della nostra storia recente, che compongono l'identità della nostra Nazione da cui non si può prescindere per il futuro». Lo ha ribadito il Capo dello Stato Sergio Mattarella.

MATTARELLA E IL FASCISMO: UN REGIME CHE DAVA ORDINE DI ODIARE
Nel ventennio fascista «Non era permesso avere un pensiero autonomo, si doveva soltanto credere.
Credere, in modo acritico e assoluto, alle parole d'ordine del regime, alle sue menzogne, alla sua pervasiva propaganda. Bisognava poi obbedire, anche agli ordini più insensati o crudeli. Ordini che impartivano di odiare: gli ebrei, i dissidenti, i Paesi stranieri. L'ossessione del nemico, sempre e dovunque, la stolta convinzione che tutto si potesse risolvere con l'uso della violenza». Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
«Nel ventennio - sottolinea Mattarella - non c'era «libertà di opinione, di espressione, di pensiero. Abolite le elezioni, banditi i giornali e i partiti di opposizione. Gli oppositori bastonati, incarcerati, costretti all'esilio o uccisi. E, soprattutto - dice ancora Mattarella -, si doveva combattere. Non per difendersi, ma per aggredire. Combattere, e uccidere, per conquistare e per soggiogare. Intere generazioni di giovani italiani furono mandate a morire, male armati e male equipaggiati, in Grecia, in Albania, in Russia, in Africa per soddisfare un delirio di dominio e di potenza, nell'alleanza con uno dei regimi più feroci che la storia abbia conosciuto: quello nazista. Non erano questi - sottolinea il Presidente della Repubblica - gli ideali per i quali erano morti i nostri giovani nel Risorgimento e nella Prima Guerra Mondiale».

LA RIVOLTA CONTRO IL NAZIFASCISMO:
«RESISTENZA ALLA BARBARIE»
«Molti italiani, donne e uomini, giovani e anziani, militari e studenti, di varia provenienza sociale, culturale, religiosa e politica, maturarono la consapevolezza che il riscatto nazionale sarebbe passato attraverso una ferma e fiera rivolta, innanzitutto morale, contro il nazifascismo - Ha proseguito Mattarella -. Nacque così, anche in Italia, il movimento della Resistenza. Resistenza alla barbarie, alla disumanizzazione, alla violenza: un fenomeno di portata internazionale che accomunava, in forme e modi diversi, uomini e donne di tutta Europa».

«IN TANTI SI RIFIUTARONO DI SERVIRE SALO'»
«Contadini, operai, intellettuali, studenti, militari, religiosi, costituirono il movimento della Resistenza: tra loro vi erano azionisti, socialisti, liberali, comunisti, cattolici, monarchici e anche molti ex fascisti delusi». Lo afferma il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo intervento a Vittorio Veneto. «Accanto a essi, come componente decisiva della Resistenza italiana, desidero ricordare i tanti militari che, catturati dai tedeschi dopo l'8 settembre, rifiutarono l'onta di servire sotto la bandiera di Salò e dell'esercito occupante e preferirono l'internamento nei campi di prigionia nazisti. Seicentomila mila: un numero imponente che fa riflettere sulla decisa prevalenza del senso di onor di Patria rispetto al fascismo fra gli appartenenti alle Forze Armate. Quasi cinquantamila di questi morirono nei lager in Germania, di stenti o per le violenze. Né va dimenticato - aggiunge Mattarella - il contributo fondamentale delle centinaia di migliaia di persone che offrirono aiuti, cibo, informazioni, vie di fuga ai partigiani e a militari alleati; e dei tanti giusti delle Nazioni che si prodigarono per salvare la vita degli ebrei, rischiando la propria».

VENDETTE INACCETTABILI E GIUSTIZIA SOMMARIA
«Anche in Veneto, come in altre zone d'Italia, ci furono, dopo il 25 aprile, vendette e brutalità inaccettabili contro i nemici di un tempo, peraltro prontamente condannate dai vertici del Cln. Nessuna violenza pregressa, per quanto feroce, può giustificare, dopo la resa del nemico, il ricorso alla giustizia sommaria. Mai questa può essere commessa in nome della libertà e della democrazia». È un passaggio dell'intervento del Capo dello Stato.


NOME DI BATTAGLIA "MARISKA": È LEDA, L'EX COMBATTENTE PARTIGIANA DI 93 ANNI
È la festa del 25 aprile e Vittorio Veneto la vive alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Tanta la commozione, i ricordi di una partigiana e dell'ex sindaco della città ora tra i leader della Lega. Parla, tra il pubblico, Leda Azzalini, partigiana combattente di 93 anni di Fregona. Nome di battaglia Mariska che dice «il merito della Resistenza è di tutta la popolazione» poi guarda all'oggi: «Sulla situazione in Italia non mi pronuncio, la cosa è nota. Le speranze di allora le conservo, speriamo bene. Io sono preoccupata soprattutto per il linguaggio, è un linguaggio che rifiuto proprio. Il discorso di oggi del Capo dello Stato leggetelo bene e mettetelo dentro di voi, c'è tutta la verità su com'erano le cose».

 


LUCA ZAIA RICORDA TINA ANSELMI
«Sono onorato di essere conterraneo di "staffetta Gabriella", al secolo Tina Anselmi. Non ho mai avuto la fortuna di conoscerla personalmente ma basterebbe leggere il suo suo curriculum per capire che dopo la Resistenza si può fare una resistenza civile, fatta di difesa della condizione femminile, di diritti». Lo ha detto il governatore del Veneto Luca Zaia parlando di fronte al Capo dello Stato Sergio Mattarella al Teatro Da Ponte di Vittorio Veneto nell'ambito delle celebrazioni per il 74mo anniversario del giorno della Liberazione. «Di lei ricordo che se questo paese ha un segno di civiltà per cui vengono curati tutti a prescindere dal colore della pelle, dal credo o dalle scelte religiose è per merito suo, la dimostrazione che si può essere partigiani nella Resistenza ma anche nella vita di tutti i giorni», ha concluso.

LA LETTERA DEI SINDACI A MATTARELLA
«Da anni le nostre Amministrazioni stanno conducendo una incessante battaglia per tutelare le legittime aspettative delle comunità locali di questo territorio, per far capire al Parlamento e al Governo la pesante condizione di sofferenza in cui versano gli Enti locali» Così in una lettera aperta i sindaci del trevigiano si sono rivolti al Capo dello Stato Sergio Mattarella, oggi a Vittorio Veneto, per le celebrazioni del 25 aprile. Nella lunga lettera si legge tra l'altro come «nonostante la drammatica carenza di personale, i tagli delle risorse, il progressivo svuotamento dell'autonomia loro garantita dalla nostra Carta costituzionale, grazie alla dedizione e allo spirito di sacrificio di Amministratori e dipendenti riescono comunque ad essere virtuosi, nonché punto di riferimento essenziale per i cittadini». «Ci siamo battuti negli ultimi dieci anni per una più equa e responsabile distribuzione delle risorse finanziarie e l'attuazione del 'federalismo - aggiungono i Sindaci -, per una più equa e autonoma gestione del personale che tenga conto delle specificità territoriali e per una reale semplificazione amministrativa». «Purtroppo continuiamo a registrare da parte del legislatore nazionale - concludono - una deriva centralista, la scarsa conoscenza dell'apparato organizzativo dei Comuni e soprattutto la mancanza di consapevolezza della potenzialità delle Istituzioni locali nel contribuire alla crescita complessiva del nostro Paese».


Gianantonio Da Re parlamentare leghista ed ex sindaco di Vittorio Veneto è in parte critico. «Mi rammarica l'assenza dl Capo dello Stato il 4 novembre - dice - perché era il centenario della vittoria ma la sua presenza qui oggi va a compensazione della assenza di allora. Questa è una città in cui sono passate due guerre mondiali. Siamo legati in modo particolare a Vittorio Veneto: Mattarella fa grande onore alla città». «Ci sono stati sicuramente episodi da dimenticare e anche episodi in cui ci sono stati gli idealisti e dai quali si è partorita questa Costituzione - conclude Da Re -. Il 25 aprile a Vittorio Veneto è ricordato per questo. Chi ha tentato di cambiare la Costituzione ne ha pagato le conseguenze. Se fino a qua ci ha portato tanto male non é stata scritta».

Ultimo aggiornamento: 26 Aprile, 08:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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