La guardia giurata dopo la condanna a 9 anni: «Non sono uno sceriffo, il ladro mi ha sparato, ho ucciso per difendermi»

Mi fidavo delle leggi, non sono un criminale Le prove in Cassazione: mi spararono contro»

Sabato 14 Maggio 2022 di Giuliano Pavan
Da sin Massimo Zen e l'avvocato Daniele Panico
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Aveva sempre tenuto un profilo basso, evitando di parlare. Ora, però, Massimo Zen, la guardia giurata 51enne di Cittadella condannata a 9 anni e 6 mesi di reclusione per aver ucciso il 36enne Manuel Major il 22 aprile 2017 a Barcon di Vedelago, ha deciso di rompere il silenzio.

E di raccontare la sua verità, in attesa di dare battaglia anche in Cassazione: «Non sono uno sceriffo da strada, non sono un ranger che spara a caso: la mia vita era in pericolo, ho rischiato di lasciarci le penne».

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Signor Zen, come si è sentito quando la sentenza di primo grado è stata confermata in Appello?
«Sono rimasto allibito. Sono un uomo di legge, che rispetta le regole. Confidavo nella magistratura e speravo in un miglioramento della sentenza. Non è stato così, ma non è finita».


Ha ancora fiducia nella giustizia?
«Diciamo che negli anni mi sono sempre fidato delle leggi italiane, ma in maniera sbagliata. Qualsiasi divisa in Italia non è tutelata. Io ho la faccia pulita, non sono un criminale, non sono al pari loro».


Se la Cassazione dovesse confermare la sentenza, chiederà la grazia?
«Non ne ho parlato con il mio legale, l'avvocato Daniele Panico, ma credo che sarà un qualcosa che forse valuteremo in futuro. Per ora penso solo al terzo grado di giudizio: non sono state valutate le prove che avevamo, sembra che non le abbiano nemmeno guardate».


Cosa intende?
«All'interno dell'auto di Major sono stati trovati tre tipi di polvere da sparo: quella di un'arma lunga, quella delle marmotte per far saltare i bancomat, e quella di un'arma corta. Quest'ultima appartiene alla pistola con cui mi hanno sparato contro prima che mi difendessi».


Un testimone oculare parla di tre colpi, non quattro. Ovvero quelli esplosi da lei.
«Il testimone inverte la sequenza degli eventi: dice di aver sentito l'auto scarrozzare sul marciapiede e poi i tre colpi di pistola. È successo l'inverso: prima mi hanno sparato contro, io mi sono riparato dietro la mia auto e ho sparato. Poi l'auto di Major è andata a sbattere contro il marciapiede. I colpi sono comunque quattro».


Ma la pistola o il bossolo non sono mai stati trovati.
«Due uomini sono scappati, e poi un revolver non lascia cadere i bossoli».


Le sentenze parlano di un posto di blocco organizzato da lei per bloccare l'auto in fuga.
«Anche chi era in auto con Major dice che ho fermato l'auto quando ho visto la loro Bmw. Nessuno aspettava nessuno. Volendo c'era anche spazio per passare, non ero in centro strada».


Tornando indietro rifarebbe tutto?
«È sempre triste quando una vita non c'è più. È difficile sapere cosa farei adesso, bisogna trovarsi nelle situazioni per poter giudicare. In ogni caso non ho sparato per uccidere. Dico che per 1.300 euro al mese non vale più la pena di fare la guardia giurata».


C'è anche chi le ha voltato le spalle?
«A parte i primi mesi, l'azienda per cui lavoravo, la Battistolli, è sparita. Spariti anche i miei colleghi, a parte due o tre. Stessa cosa per i carabinieri con cui abbiamo sempre lavorato: solo due li sento ancora, gli altri tutti scomparsi».


Se fosse un giudice, si assolverebbe?
«Sì, mi assolverei perché mi sono soltanto difeso. Ed è tempo che il governo colmi quel vuoto legislativo. Se verrò condannato in via definitiva, mi presenterò in carcere e sconterò la pena».

 

Ultimo aggiornamento: 10:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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