Giuliana Musso si trasforma nella "Scimmia": «Vi racconto cosa siamo»

Mercoledì 29 Gennaio 2020 di Giambattista Marchetto
Giuliana Musso in tour con il nuovo lavoro "La Scimmia"

CAERANO Sulla scena appare un essere per metà scimmia e per metà uomo. È un animale che parla, canta e balla, un buffone, un mostro comico. A incarnare (molto truccata) quel fenomeno da baraccone è Giuliana Musso, che con il suo ultimo spettacolo “La Scimmia” inaugura giovedì al Teatro Maffioli di Caerano San Marco il programma di Centorizzonti2020 (info 371.1926476 - www.echidnacultura.it) per poi andare in scena il 6 febbraio a Villa dei Leoni di Mira, il 7 al Teatro Giardino di San Giorgio delle Pertiche, il 27 al Pio X di Padova e il 18 marzo al Pascutto di San Stino di Livenza.
Il testo originale dell’autrice/attrice friulana è liberamente ispirato al racconto “Una Relazione per un’Accademia” di Franz Kafka, ma va oltre. «Il tema principale che ho voluto sviluppare è l’adattamento dell’individuo ad un sistema culturale violento, dominante, pericoloso. Violento perché normalizza la violenza, dominante perché gerarchizza tutti gli esseri viventi, pericoloso, perché ci spinge a una razionalità disumanizzante».

LE GABBIE
L’animale protagonista si rivolge a un auditorio di illustri Accademici, all’alta società del pensiero e della scienza e racconta la sua storia. Scimmia libera, unica sopravvissuta di una battuta di caccia, catturata, ingabbiata e torturata, non può fuggire e per sopravvivere alla violenza sceglie l’adattamento: imita gli umani che l’hanno catturata, impara ad agire e a ragionare come loro. «Ho conosciuto ‘La Scimmia’ grazie all’incontro con Monica Capuani (traduttrice e consulente drammaturgica) – racconta la Musso – La volontà di creare uno spettacolo è nata però solo quando ho scoperto che La Scimmia avrebbe potuto staccarsi dalla dimensione assegnatale dal suo autore per trovarne una più vicina ai temi che mi sono cari». E i temi cruciali sono quelli legati alla struttura della società. «In questa mia scrittura – aggiunge l’autrice - la trasformazione della scimmia in umano diviene chiara metafora dell’iniziazione dell’individuo al sistema culturale patriarcale. La conquista della razionalità è descritta come perdita di sé, di autenticità, di coerenza, perché è una razionalità che essenzialmente reprime i bisogni primari degli individui». “La Scimmia” è il racconto di una strategia di sopravvivenza che prevede la perdita di sé stessi e del proprio sentire nel corpo. Si tratta di una rinuncia drammatica: senza quella voce interiore, integra e autentica, come si può esprimere l’intelligenza empatica così indispensabile alla sopravvivenza? La scimmia è il corpo che vive, sente e quindi pensa. È l’animale pienamente umano. La scimmia siamo noi. «Questo personaggio è a suo modo un buffone, tenero come Charlot, diabolico come un arlecchino – aggiunge la Musso - La Scimmia è diventata un attore del varietà e parla ai Signori dell’Accademia: facendo il cretino per il pubblico nutre la sua infinita fame di umanità. Ridendo di quello stesso pubblico che compiace ogni sera trova uno spazio di libertà. Il buffone sul palco resiste così alla violenza».

LAVORO POLITICO
L’autrice conferma un approccio politico-sociale nella costruzione dell’opera. «Noi siamo il frutto della condizione in cui viviamo e dell’adattamento ad un sistema violento che ci condiziona – chiosa - ma io continuo a mettere l’individuo al centro di un discorso critico a livello politico e sociale.

Quindi continuo a raccontare il vissuto di personaggi che sono unici e questo fa sì che anche il pubblico ritrovi pezzi di sé, della propria storia intima. Perché la Scimmia ci dice che il vero dolore profondo non sta nel fingere in un sistema, ma nel fingere con se stessi». 

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