Giovanni Barp, a Follina prosecco a suon di musica

Lunedì 20 Dicembre 2021 di Edoardo Pittalis
Giovanni Barp e l'interno del suo hotel

Questo è quello che raccontano: che Giovanni Barp da Follina fosse il figlio di una gran dama della Corte del Kaiser Guglielmo che in vacanza sulle colline di Valdobbiadene, quelle che cento anni dopo si sarebbero chiamate le colline del Prosecco, aveva vissuto una storia d'amore e passione con uno stalliere. La dama tedesca era poi tornata a Follina per partorire lontana da occhi indiscreti e aveva affidato il bambino a una famiglia contadina di Miane, lasciando una piccola dote per allevarlo. I Barp, che forse venivano da una valle del Bellunese, diedero il loro nome al bambino. La Grande Guerra travolse il mondo della nobildonna e di lei si persero le tracce e la memoria. Giovanni mise su famiglia ed ebbe 13 figli. Luigina era l'ultima e avrebbe visto un'altra sanguinosa guerra e altri tedeschi; suo marito Mario Zanon a 14 anni era già un operaio tessile del Lanificio Paoletti sulle rive del fiume Follina. È stata Luigina nei primi anni 50 a gettare le basi di quella che è oggi una importante realtà turistica veneta, l'Hotel Villa Abbazia di Follina, un cinque stelle legato alla catena Relais & Chateau.
Ventiquattro stanze, dodici dipendenti, settemila ospiti in nove mesi, un fatturato che sfiora il milione di euro, un ristorante rinomato guidato da Giuseppe Francica, un calabrese arrivato bambino a Vazzola e che dirige una brigata di cuochi multiregionale.

A reggere l'azienda è Giovanni Zanon, 59 anni, con le sorelle Ivana, Rosa e Maria Giovanna. «Ivana, la più grande, mi ha fatto da madre perché la mamma era sempre al lavoro».


Come è nata la vostra storia di albergatori?
«La mamma aveva aperto il Bar Paradiso, defilato rispetto alla piazza. Lei aveva lavorato otto anni in Svizzera e al rientro aveva applicato la lezione appresa, aveva voluto subito il primo juke-box di tutta la zona e questo aveva funzionato da richiamo. Cucinava le trippe, la domenica c'era la fila: faceva il pasticcio e la gente veniva con la pentola per portarsi a casa le porzioni. Aveva un sogno, quello di spostarsi in piazza e finalmente lo ha realizzato quando ha comprato la grande casa dove ora c'è l'albergo. La costruzione era chiusa, divisa tra 16 fratelli e nipoti che abitavano tutti a Belluno. Andava svuotata e rifatta interamente, ma la mamma aveva già immaginato come trasformarla e per fare in fretta offrì mezzo milione a testa ad erede, otto milioni in tutto. Non fu facile perché i democristiani che governavano il Comune si misero di traverso, soprattutto perché mio padre era un socialista. Ma non avevano fatto i conti con la determinazione della mamma, in fondo ha sangue tedesco, che nel 1974 aprì il bar proprio nella piazza, come aveva sempre sognato».


Ma fu il cinema a farvi conoscere
«Poco dopo mia sorella Ivana, che aveva 22 anni, s'inventò una discoteca, lei avrebbe voluto chiamarla Saratoga, ma un muratore che aveva lavorato in Francia diceva che laggiù tutto era rosso o nero, così fu Rouge et Noir e il nome funzionò subito. C'era un'altra discoteca a Miane, la AB2, dai nomi dei soci: Arturo, Beppe e Beppe. Fu costretta a chiudere perché arrivavano i soldati della base americana di Aviano e ogni sabato erano risse. Non sarebbe bastato se non fosse arrivato il colpo di fortuna. Nel 1976 qua attorno si girava il film Mogliamante con Marcello Mastroianni e Laura Antonelli, Gastone Moschin e William Berger, le riprese si facevano a Cison di Valmarino. Mastroianni era un ricco commerciante di vini della provincia veneta con una vena anarchica che sparisce per paura di essere arrestato. La Antonelli era sua moglie, prende in mano l'azienda e, sicura che il marito sia vivo, lo sfida facendolo ingelosire. La discoteca era l'unico locale della zona dove la troupe poteva rifugiarsi la sera, dopo la spaghettata da Clemi. Per sei mesi Follina è diventata una piccola capitale della dolce vita e ha reso il locale famoso».


E l'albergo?
«L'immobile era vuoto e Ivana, che ha sempre lo spunto buono, dice che in questa bella zona non ci sono alberghi. Per la verità non c'era niente, nemmeno il Prosecco. Siamo partiti con otto camere. Io ero un giovane ragioniere e sono tornato a casa per la nuova avventura, con un po' di marketing abbiamo fatto girare la voce di questo piccolo albergo che aveva una stanza diversa dall'altra. Nel gennaio del 1991 doveva uscire una nuova rivista della Rizzoli bloccata dalla Guerra del Golfo e inglobata in un'altra testata, Dove: sul primo numero c'era un servizio su questo albergo di Follina e sulla zona di Valdobbiadene e un vino bianco non ancora conosciuto. Eravamo agganciati alla catena Romantic ed erano arrivati non pochi tedeschi. Però ci è costato il sacrificio della discoteca, troppo rumore per un turista che andava a letto presto. Un'altra volta il cinema ci ha dato una mano: si girava in zona il film Amare per sempre, remake di Addio alle armi con Sandra Bullock, Chris O'Donnell nei panni di Hemingway e regia di Richard Attenborough. «Giovanni se prendo l'Oscar ti regalo la piscina», mi diceva lei. Quell'anno vinse tutto Il paziente inglese, ma il film fece molto bene alla pubblicità dell'albergo con le copertine e i servizi di molti settimanali soprattutto negli Usa. Forse la piscina la faremo lo stesso. La Bullock è una persona semplice, si faceva il caffè da sola al bar, andava al supermercato, si spostava a Santa Scolastica per fare il bagno. Da noi ha imparato a ballare il valzer che doveva eseguire in una scena del film».


È stato difficile affermarsi in un'area distante dal grande flusso turistico?
«L'albergo ha incominciato a decollare, abbiamo aggiunto l'adiacente Villa Liberty, gemella di una villa del Lido di Venezia, costruita sul finire della Grande Guerra. Abbiamo anche aperto il ristorante La Corte, questa è una zona baciata da Dio, sono stato buon profeta a capirlo tra i primi. Il riconoscimento Unesco dell'intera zona va protetto, il potenziale è immenso. Ci sono le cinque P da proteggere: Pasta, Pizza, Prosecco, Palladio, Pinarello quello delle biciclette. Qui andare in bicicletta è un sogno, adesso c'è anche una specie di cammino dell'Unesco che s'inoltra nel territorio del Prosecco. Non bisogna dimenticare che ambasciatore del Prosecco nel mondo è stato Gianluca Bisol criticato a torto: è stato lui a portare le televisioni a parlare di prosecco quando nessuno ne parlava. Quello che ha fatto Bisol per il prosecco, Toffolin di Lino al Solighetto lo ha fatto per la cucina del territorio, da lui andavano tutti, da Toti Del Monte alla Marzotto. Io parlo di Prosecco Land da tutelare: ha la fortuna di essere collegata a quello che in questo momento è il vino più famoso al mondo. Noi da queste parti non vendiamo vino o camere, vendiamo sogni.


E l'Abbazia?
«L'abbazia fa parte di quello che sono i gioielli del territorio. Grazie all'abbazia possiamo fare eventi culturali, abbiamo creato un'associazione per raccogliere fondi per salvaguardare e promuovere il restauro della basilica e per questo organizziamo un concerto ogni anno. Il Comune ci è venuto dietro, perché davvero Follina è dove l'acqua diventa musica. Ogni volta Uto Ughi fa risuonare le note del suo straordinario violino e tutto si trasforma. Viene da noi dal 1991, la prima volta è arrivato un signore con una scatola sulla schiena e ha chiesto una camera. Non sapevamo chi fosse, ci preoccupava la scatola, pensavamo a un fucile. In camera suona, fa le prove, io avverto i clienti che non devono pagare un supplemento, che Ughi è compreso nel prezzo della camera».
L'Abbazia di Follina, in pietra grigia, c'è dal 1127, l'abate Bernardo di Santa Maria della Fulina in Sanavalle ne ha lasciato traccia in una pergamena conservata nella Biblioteca di Treviso. «Questa è l'Italia nascosta per gli italiani, vanno tanto in giro e perdono questa bellezza».

Ultimo aggiornamento: 26 Dicembre, 20:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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