Ghiaia, la Consulta bacchetta la Regione: stop al tetto delle estrazioni nei letti dei fiumi

Domenica 19 Marzo 2023
Lavori sul Piave

TREVISO -La Corte Costituzionale ha stabilito che la norma veneta che nel 2021 aveva aumentato il limite all'escavazione della ghiaia fino a 80mila metri cubi nei letti dei fiumi è illegittima, accogliendo così le ragioni del Consiglio dei ministri contro la Regione.

Per la Consulta, è «manifestamente incongrua» la parte della legge in base a cui erano state «considerevolmente ampliate le quantità di materiale litoide che può essere estratto dagli alvei e dalle zone golenali in assenza di appositi piani». Una pronuncia che ha scatenato l'entusiasmo delle opposizioni e degli ambientalisti che avevano visto in questa manovra un «regalo della Lega ai cavatori».

LA REPLICA
Ma sul punto interviene il consigliere regionale Roberto Bet e lo fa specificando le ragioni che avevano portato a questo, solo in apparenza, irragionevole aumento. «Le condizioni per l'esercizio dell'attività estrattiva in assenza di piani, prevedono che il limite sia di 20mila metri cubi per singolo intervento -dice- Quindi dal 1988 in assenza di un piano complessivo di controllo e manutenzione dell'alveo del Piave, si sono estratti in via derogatoria ed eccezionale materiali litoidi attraverso singoli progetti da 20mila cubi, ripetuti piu e più volte nell'arco dell'anno, per oltre 35 anni, senza alcun limite». Bisogna inoltre tenere conto -ribadisce Bet- che con le alluvioni avvenute nell'arco di oltre 7 lustri sul greto del Piave si sono accumulati milioni e milioni di metri cubi di materiale che necessita di essere asportato per garantire la sicurezza idraulica del territorio. Treviso, per dire, si trova 20 metri sotto il livello del Piave e un'esondazione farebbe danni incalcolabili.

MANCANZA DI VISIONE
«Non a caso ci sono i progetti di casse di espansione e altri interventi importanti di contenimento di flussi idraulici straordinari -continua Bet- Già i magistrati alle acque della Repubblica Serenissima prevedevano una gestione ordinaria del materiale che si accumulava nei fiumi attraverso l'obbligatoria e consolidata attività di levar le ghiaie dai fiumi, in particolare nel caso del Piave. Ad oggi quindi in assenza di una pianificazione complessiva si è svolta un'attività necessaria di sicurezza idraulica senza una visione sistematica, ma con singoli interventi ripetuti più e più volte, ovviamente superando il limite di 80mila cubi. La norma introdotta aveva invece lo scopo di dare una progettualità più ampia, pari appunto a 80mila cubi, garantendo interventi complessivi che potessero dare un minimo di pianificazione della necessaria e ormai sempre più urgente attività di pulizia del Piave. Il Giudice, forse senza conoscere la disciplina della Serenissima nella gestione delle acque, si è limitato a considerare un limite quantitativo che non ha ben compreso, facendo di fatto rimanere stabile una gestione derogatoria». E chiude: «A coloro che festeggiano questa dichiarazione di illegittimità, va ricordato che il risultato ottenuto di fatto mantiene un regime derogatorio puntuale che si presta a interventi limitati a 20mila cubi ma ripetuti senza limiti. La modalità dell'intervento da 80mila permetteva invece alla Regione di risparmiare sulla progettazione e di raggiungere comunque l'obiettivo di interesse pubblico della manutenzione dell'alveo dei fiumi. Infine sull'obiezione dell'assenza di tutela paesaggistica e ambientale, dispiace che il giudice non abbia letto e capito il passaggio della norma che comunque obbliga alla valutazione di impatto ambientale per tutti i progetti e quindi non è possibile fare qualsiasi tipo di escavazione senza aver preventivamente valutato gli aspetti ambientali e paesaggistici».

      

Ultimo aggiornamento: 10:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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