Funghi della discordia, sei anni di processo ad un cittadino di Asolo accusato di aver minacciato e rubato il "bottino" di chiodini ad un fungaiolo

Venerdì 21 Ottobre 2022 di Maria Elena Pattaro
Funghi portano un uomo di Asolo a processo per 6 anni

ASOLO (TREVISO) – Dai boschi del Montello alle aule del tribunale per un cestino di funghi. I “chiodini della discordia” sono costati un lungo processo a un cittadino di Asolo, accusato di aver minacciato con un coltello e requisito il “bottino” al fungaiolo che si era introdotto nel suo podere.

E da ultimo di avergli rigato l’auto per ripicca. Ma stamattina, 21 ottobre, l’imputato è stato assolto per non aver commesso il reato. Il giudice del tribunale di Treviso non ha creduto alla ricostruzione della vittima, che aveva fornito anche una foto del cesto requisito. Si chiude così una curiosa vicenda successa sei anni fa nei boschi asolani. 

I fatti

Era una mattina di ottobre del 2016, il mese perfetto per andare in cerca di chiodini, quando il fungaiolo si è avventurato sul Montello, addentrandosi però in una proprietà privata. Il padrone dei terreni se ne accorge: non è la prima volta che trova intrusi nella sua porzione di bosco, nonostante i muretti che delimitano la proprietà. Così scatta il rimprovero. A questo punto le ricostruzioni dei due protagonisti vanno in direzioni opposte. Il fungaiolo sostiene di essere stato minacciato con un coltello brandito dal rivale. Di fronte a quella lama da 30 centimetri si era visto costretto a rinunciare al cesto di chiodini appena raccolti. L’uomo non si sarebbe limitato a requisirglieli, ma per vendetta gli avrebbe anche segnato la macchina, una Lancia Ypsilon. 

La ricerca di giustizia

Per ottenere giustizia, il fungaiolo aveva denunciato il fatto ai Carabinieri di Asolo, facendo scattare un’indagine culminata in un decreto penale di condanna a tre mesi di arresto più una sanzione, convertito in 26mila euro di multa per i reati di minaccia, esercizio arbitrario delle proprie ragioni, danneggiamento e porto abusivo di armi. A quel punto l’indagato si era opposto e, assistito in gratuito patrocinio dall’avvocato Diego Melioli, aveva scelto di andare a processo, convinto di dimostrare la propria innocenza. E così è stato: la difesa ha demolito punto su punto il castello di accuse, forte del fatto che molte delle dichiarazioni della parte offesa non trovavano nessun riscontro oggettivo. A partire dal cestino mai rinvenuto a casa dell’imputato e di cui invece il fungaiolo aveva scattato una foto a mo’ di trofeo per testimoniare la fruttuosa raccolta. Quanto al coltello, l’imputato ha spiegato che era l’intruso ad averne uno. Gli serviva infatti per estrarre e pulire i funghi dalle ceppaie. Proprio vedendo quell’arma, il proprietario non si era spinto più in là del semplice rimprovero. Il giudice gli ha dato ragione.

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