Alex Del Piero e il profugo che sogna di incontrarlo: la storia di Moussa

Venerdì 16 Settembre 2022 di Brando Fioravanzi
Dal Senegal al Marocco per fuggire dalla guerra, Moussa vuole venire in Italia per incontrare Alex Del Piero

TREVISO - «Mi piacerebbe venire in Italia per curarmi e incontrare i miei idoli: Del Piero, Chiellini e Pirlo. Sarebbe un sogno per me». A parlare è Moussa (Mosè in arabo), 23enne con indosso una maglia gialla e dei pantaloncini rossi, lo sguardo buono che sprofonda nell’abisso di una speranza già lontana: tornare a giocare sui campi da calcio. Sì, perché Moussa ha dovuto abbandonare il suo Paese, il Senegal, per cercare di sopravvivere a guerra, delinquenza e povertà. Il tutto in un viaggio verso il Marocco che avrebbe poi dovuto portarlo in territorio spagnolo attraverso le cittadine di Ceuta e Melilla, ma purtroppo qualcosa nel tragitto è andato storto, tanto che non ci ha nemmeno provato a scalare le barriere alte sette metri (anti-profughi) delle due cittadine, come non è riuscito a salire su alcun barcone, questo perché è rimasto nel bosco con la febbre e le sue gambe azzoppate.

Moussa, il profugo che vuole incontrare Del Piero

Il 4 aprile del 2020, dopo un allenamento, Moussa sta correndo con un amico verso casa in sella ad una moto Jakarta 125 quando, all’improvviso, si schiantano contro un fuoristrada sbucato da nulla dalle parti di Sinthiou Garba, nel nord del Senegal verso la Mauritania. Un incidente grave. Prima il buio, poi il risveglio nella sabbia con gravi lesioni alle gambe e sangue ovunque, mentre il compagno se la cava solo con qualche contusione. L’ambulanza che lo trasporta all’ospedale di Ourossogui è solamente un furgoncino grigio qualunque con una scritta rossa “ambulance” e con un asse di legno come barella, ma il responso dei medici è pure peggio: fratture multiple al ginocchio sinistro e al femore destro. Il necessario e costoso intervento chirurgico lo paga il vecchio zio Deh con cui vive da tanti anni, peccato però che nell’ospedale sia terminato il filo in titanio che serve a ricomporre le fratture, tanto che i medici decidono di usare il fil di ferro. Una “bomba” di ruggine e batteri che innesca un’osteomielite che oggi potrebbe portare, da un momento all’altro, all’amputazione degli arti inferiori di Moussa che ora vive imbottito di antibiotici e spray antisettici.

L'appello

«Ho incontrato questo ragazzo poche settimane fa all’ombra della chiesa Notre Dame de Lourdes, nel quartiere Mers Sultan di Casablanca (Marocco) – sottolinea Mario Anton Orefice, giornalista e volontario trevigiano che, durante il suo ultimo viaggio, è stato testimone della storia di Moussa - Dorme in canonica insieme ad altri migranti subsahariani, compagni di viaggio che arrivano qui disperati dopo settimane di cammino. Ad aiutarli la parrocchia e le suore di Madre Teresa di Calcutta con il loro furgoncino colorato che distribuisce i pasti agli angoli delle strade. A centinaia dormono in edifici abbandonati stracolmi di immondizie o per strada dalle parti della stazione degli autobus “Ouled Ziane”».

La volontà di tornare in Italia per le cure e per il calcio

«Da quel momento Moussa mi scrive ogni giorno e mi chiede di aiutarlo, sia dal punto di vista medico che per incontrare un campione trevigiano come Alex Del Piero. Difatti l’Italia non ha solo ospedali, ma è anche la patria delle sue squadre preferite come la Juventus e la Nazionale – continua Orefice – Inoltre, tiene sempre con sé il suo tesserino di giocatore della Federazione Calcio senegalese e aspetta una risposta dagli spalti dell’umanità. Nel frattempo, non gli rimane che guardare dal cellulare le foto dei suoi eroi calciatori e i video delle partite di Champions League». Diversi sono comunque i volontari trevigiani sono impegnati in queste ore a sostenere Moussa: «Nel segno della mutualità e della solidarietà, siamo impegnati nella diffusione di questo appello, una storia simbolo di quanto dobbiamo ancora fare dal punto di vista sanitario in Africa».

Ultimo aggiornamento: 17:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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