Carraro, 80 anni di motori e autista per un giorno di Wojtyla: «Il Papa mi chiamò amico»

Sabato 2 Aprile 2022 di Angela Pederiva
Francesco Carraro tra i figli Ruggero e Giovanni

TREVISO - All'anagrafe è Francesco, certi clienti lo conoscono come Berto, papa Giovanni Paolo II lo chiamava amico.

Ma più che i nomi, probabilmente conta il cognome: Carraro, il ragazzino che doveva essere un maestro e invece volle fare il meccanico, fino a diventare un imprenditore dal marchio conosciuto in Veneto e in Friuli Venezia Giulia. E lui, che fu il concessionario Mercedes più giovane d'Italia, oggi compie 80 anni: una lunga storia fra la Marca e le Dolomiti.

LE RADICI

L'inizio è datato 2 aprile 1942 a Maser. Francesco Carraro è l'ultimo di cinque figli: papà Ruggero è fabbro, mamma Amalia è ostessa. Le radici sono a Lorenzago di Cadore, da dove la nonna è partita con la sorella su un carretto, per scendere a valle come spigolatrice. Più che i libri come vorrebbe suo padre, il piccolo di casa ama i motori. È solo un adolescente e già lavora da apprendista, per due anni anche gratis, pur di rincorrere i suoi sogni. E quando incassa il primo stipendio, sono 4.000 lire alla settimana, sabato compreso. La svolta matura un giorno dal barbiere di Caerano San Marco, dove entra Antonio Cibien, concessionario Alfa Romeo a Belluno: cerca un capo officina, per sostituire suo figlio in partenza per la naja. «Eccolo qua»: per Francesco, che non crede alla fortuna ma sa fiutare le opportunità, è la grande occasione, malgrado gli anni sino duri e sua sorella Gina un po' brontoli, quando deve correre a lavargli e stirargli i panni per il lunedì mattina. Finché con i 20 anni, nel 1962, arriva il matrimonio con Ernestina. Due cuori e una casetta in affitto a Cavarzano, ma poi anche il piccolo Ruggero a cui seguirà Giovanni, sempre con la passione per le macchine da riparare, dall'Alfa 2000 del primario Broglio all'Anglia del procuratore Alborghetti.

IL VIAGGIO

La concorrenza lo nota: nel 1965 il medico Mario Bosco, che è anche concessionario Ford, gli offre di andare ad aprire una sub-agenzia a Tai. Il viaggio è «da avventurieri», fra i tornanti della Cavallera, a bordo di un camioncino su cui uno zio regge con le mani i mobili e le valige, «tutto il nostro capitale», perché le 500.000 lire ripiegate in tasca sono state prestate da un amico. Nell'officina da 400 metri quadrati, con quattro meccanici e un'impiegata, gli incassi custoditi in una scatola da scarpe, durante il lungo inverno Francesco si scalda con il kerosene bruciato in un bidone dell'olio esausto. «Detta oggi è da vergognarsi, per il fumo che emanava...», sorride lui stesso nello speciale che Telebelluno Dolomiti manderà in onda stasera alle 21.45. La tuta però gli sta un po' stretta, così alla sera prende in mano la borsa e va in giro a vendere automobili, spesso firmando i contratti al bar. Nel suo sangue scorre la vena commerciale, così nel 1969 Carraro accetta la proposta di diventare socio della concessionaria Ford di Belluno, nonostante le lacrime di Ernestina per la nuova casa di Nebbiù arrivata al primo piano e presto rivenduta per un nuovo trasloco.

LA STELLA

Gli affari vanno bene, tuttavia l'ambizione corre più veloce. È il 1976, quando Renault e Mercedes-Benz si contendono quel venditore così caparbio. «La vita è fatta di tante fatalità: quel giorno doveva venire a casa il rappresentante di Renault per firmare il contratto, ma non stava bene e ha rinviato di una settimana. Nel frattempo ha suonato al mio campanello l'emissario di Mercedes. Ho preso il primo aereo per Roma e ho detto a mia moglie: questa volta abbiamo fatto bingo». Il mandato è solo per i veicoli industriali, perciò nella sua nuova sede di Sedico il concessionario spazia anche con le vetture della British Leyland. Finché durante un viaggio in Range Rover, per accompagnare l'amministratore delegato del colosso teutonico dall'aeroporto di Venezia a Sesto Pusteria, scatta l'offerta della Stella di Stoccarda: sì alle auto tedesche, ma a patto che rinunci a quelle inglesi. «Lì per lì commisi la sciocchezza di dirgli di no e me la fece purgare per un anno...».

IL PONTEFICE

Il resto è l'epopea di un gruppo che attualmente conta 11 filiali, 320 collaboratori, 5.000 mezzi venduti all'anno, 180 milioni di giro d'affari. «Sono contento di quello che ho fatto», confida Francesco Berto Carraro, che per un giorno dei suoi 80 anni è stato anche l'autista di Karol Wojtyla, in trasferta il 26 agosto 1979 da Canale d'Agordo al Passo Fedaia, al volante di una Land Rover tappezzata di rosso a mo' di papamobile. «Pioveva a dirotto e verso Cencenighe ho preso una pozzanghera, lavando un poliziotto della scorta. Il pontefice mi ha battuto sulla spalla: Amico vai piano. Tempo dopo, in Vaticano per una donazione all'ospedale Bambin Gesù, gli ho chiesto se si ricordasse di me. E lui: Certo che mi ricordo, tu sei mio amico. Mi ha regalato un portachiavi con la sua effigie che mi porto sempre dietro, per ogni macchina che cambio».


 

Ultimo aggiornamento: 3 Aprile, 10:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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