Fortunato Vianello, il re del vetro antisfondamento: «Battiamo anche gli uragani»

Lunedì 25 Luglio 2022 di Edoardo Pittalis
Fortunato Vianello

RONCADE (TV) - Fortunato Vianello da bambino voleva diventare un campione di baseball. Il sogno era nato quando con gli amici, nella Roncade del dopoguerra, aveva trovato, nascosta bene per anni e quasi murata in un angolo della Rocca, l'attrezzatura per una squadra di baseball. Nei giorni convulsi e felici del maggio 1945, a guerra finita, i soldati della V Armata del generale Clark ingannavano il tempo anche giocando a baseball nei giardini davanti al castello, guardati a vista dalle trenta statue bianche degli Schiavoni. «Per noi vedere quella prima pallina e quei primi guanti era come vedere l'oro», racconta Fortunato. All'alba degli anni Cinquanta i bambini di Roncade erano sul prato, con le loro divise bianche, a battere con mazze improvvisate e cappellini fatti in casa; la pallina qualche volta finiva nel Musestre e si perdeva galleggiando fino al Sile.
Fortunato Vianello, che oggi ha 76 anni, ha giocato a baseball a Ponte di Piave, poi nella Red Devil e ancora nel Baseball Treviso, in quella che era la serie C di allora. È stato tra i pionieri di uno sport che da queste parti quasi non esisteva. Ha continuato per passione fino agli anni Ottanta, poi ha smesso: Il lavoro non mi concedeva più tempo. Fortunato il suo fuori campo l'ha segnato con successo nel 1976 quando ha fondato la Forel azienda di lavorazione del vetro che oggi ha 250 dipendenti solo in Italia ed esporta il 95% della produzione in settanta paesi.

Il fatturato quest'anno ha superato i 55 milioni di euro. La fabbrica di Roncade produce macchinari per la lavorazione del vetro, vanta brevetti che rendono la lavorazione più semplice e sicura. L'impiego principale è nell'isolamento termico e in quello acustico, nell'antisfondamento e, per certe zone degli Usa, nella protezione dalla furia degli uragani. La bravura consiste nel mettere assieme più vetri e ottenere un più alto isolamento.


Come ha fatto dal baseball ad arrivare al vetro?
«La nostra era una famiglia che doveva lavorare per campare. Madre casalinga, padre operaio meccanico, io e mio fratello Elio abbiamo incominciato presto ad imparare il mestiere in officina. Avevo trovato posto in una ditta di Roncade che produceva per il Ministero della Difesa e in particolare per la Marina, così ho fatto il marinaio e mi sono imbarcato ad Augusta. Durante il servizio di leva più volte ho pensato a cosa avrei fatto dopo: tutto è partito da una lampadina che si accendeva, il vetro me ga sempre piasso. Dietro questo discorso del vetro c'è anche il fatto che per un periodo ho lavorato all'Osram, famosa fabbrica di lampadine, e davvero mi si è accesa la lampadina. Ero affascinato: come fa il vetro a diventare lampadina, un tubo di vetro, la riscalda, la racchiude. Vado a vedere come funziona questo mondo e mi sono lasciato coinvolgere».


E quale è stata l'intuizione vincente?
«La prima cosa che si notava era che le lavorazioni del vetro erano in orizzontale e richiedevano spazi enormi. Perché non ridurre gli spazi? Allora io il sistema l'ho messo in verticale e ho brevettato il modo: il primo risultato è stato che c'era subito bisogno di meno spazi, che era possibile muoversi in aree produttive più ristrette. Dopo abbiamo badato a mettere a punto macchine che si distinguessero per la qualità del prodotto, l'efficienza, il rispetto dei tempi di lavoro. La fabbrica si chiama Forel dalle iniziali mie e di mio fratello: Fortunato e Elio. Siamo partiti con pochi schei e tanto coraggio. La prima fabbrica era uno stanzone di 150 metri quadrati in via San Rocco a Roncade, poi ci siamo trasferiti a Olmo di Treviso, in 800 metri quadrati e ci sembrava uno spazio gigantesco. Abbiamo comprato qui a Roncade un capannone industriale in zona agricola ed eravamo a quasi duemila metri quadrati. Col tempo abbiamo acquistato altro terreno e nel 2007 abbiamo inaugurato la sede di Roncade con l'appoggio di una superficie coperta anche a Meolo. Oggi abbiamo uno stabilimento di 15 mila metri quadrati e tra poco arriveremo a 22 mila».


La moglie Nadia Davanzo ricorda la prima cambiale
«La prima cambiale del 1976 era di 100 mila lire, serviva per comprare il primo tornio. Io lavoravo da un'altra parte come contabile e seguivo i suoi conti quando tornavo a casa».


Non sono mancate subito le difficoltà
«La nostra invenzione ha disturbato immediatamente grossi concorrenti austriaci e tedeschi. Abbiamo avuto grandi difficoltà per difenderci dalle contraffazioni, l'Italia è un paese dei meno attrezzati per la difesa industriale. Il nostro lavoro dava fastidio alla concorrenza che ci ha fatto la guerra in mille modi, dalle Fiere alle minacce di sequestrare le macchine esposte nelle rassegne internazionali. Ci siamo dovuti difendere nei vari tribunali, certe cause sono andate avanti per 14 anni, ma le abbiamo vinte tutte. I nostri brevetti, ne abbiamo una sessantina, sono tutti regolarmente registrati. Il primo brevetto è del 24 settembre 1980, depositato all'Ufficio provinciale industria e commercio di Treviso, riguarda una macchina accoppiatrice e pressatrice di lastre a intercapedine. Noi italiani non siamo secondi a nessuno quanto a inventiva e coraggio e questo è il segreto del nostro successo, oltre a un gruppo di lavoro affiatato e bravo che nei momenti difficili ci è stato accanto. Il primo anno alla Fiera del Vetro a Milano siamo andati con un pullmino dove hanno viaggiato tutti gli operai. Davanti all'ennesima provocazione della concorrenza, gli operai si sono tolti il cappotto e sono andati alle macchine per farle funzionare. Il vetro nasce in grandi lastre a Marghera nei forni, è un nastro di vetro che viene tagliato a sei metri di lunghezza, oggi anche a 12 metri. Ci vogliono macchine adeguate per lavorare su queste misure e garantire spessori e antisfondamento».


Come è oggi il mercato del vetro?
«Un po' a macchia di leopardo. Gli Usa importano vetri e macchine dall'Europa, la Cina di vetro ne produce in quantità, è competitiva sulle macchine ma la qualità è ancora nostra. Oggi non si parla più del vetro singolo, ma del vetro specifico che non faccia entrare calore, inquinamento, che sia antisfondamento, che abbia gli spessori necessari. Devi avere sempre l'idea giusta, la macchina adatta. Devi avere buoni tecnici per far camminare le macchine negli altri paesi e insegnare come funziona. C'è difficoltà a trovare personale, serve gente che sappia di computer ma che abbia anche fantasia nel costruire. In questo momento non arriva materia prima, non si trovano lavoratori, i mercati soffrono per ragioni note. In attesa della scuola, il personale ce lo formiamo noi, occorrono persone che possano montare le macchine nei vari paesi, che parlino le lingue».


Ha già pensato al passaggio generazionale?
«Tutto fatto per tempo, è come se avessi pensato al testamento. Ho due figli, Riccardo che lavora in azienda e ne ha preso le redini, e Rossella che ha scelto altre attività. Un'agenzia esterna di consulenza ci ha seguito nel percorso, Riccardo aveva tutte le carte in regola per subentrare, compresa una laurea in design industriale».


Le rimane finalmente un po' di tempo per le vacanze?
«Ferie vuol dire qualcosa che ti piace, fosse dipeso da me e da mia moglie aeroporti, treno, navi e il resto avrebbero potuto anche chiudere. La mia passione è fare le cose che ho costruito. Ho anche una piccola azienda agricola, faccio vino, olio, prodotti dell'orto. Le mie ferie sono in questa azienda a Roncade, imbottiglio un Manzoni bianco e un Raboso spumantizzato, regalo tutto ad amici e clienti».


E del vecchio giocatore di basket cosa è rimasto?
«La prima pallina e l'ultimo cappellino».
 

Ultimo aggiornamento: 17:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci