Fondazione Cassamarca e Camera di Commercio, 3 milioni chiudono il braccio di ferro per la torre C all'Appiani

Sabato 26 Febbraio 2022 di Paolo Calia
La torre C all'Appiani

TREVISO -  Fine del braccio di ferro. Fondazione Cassamarca e Camera di Commercio hanno trovato un accordo bonario per chiudere il contenzioso che ha avvelenato i rapporti negli ultimi dieci anni: il braccio di ferro per la torre C della cittadella delle Istituzioni. Ieri mattina gli avvocati delle due parti sono arrivati a un compromesso: Fondazione ha rinunciato al maxi risarcimento danni da 5,8 milioni di euro, chiesto dopo il mancato trasloco dell’ente camerale all’Appiani, accontentandosi di una cifra nettamente minore pur di scrivere la parola “fine”. Le cifre ufficiali non sono state diffuse, ma alla fine il presidente Mario Pozza e la giunta camerale hanno accettato di versare a Ca’ Spineda poco meno di tre milioni di euro.

La metà. A quel punto, tutti contenti e la vertenza che ha segnato un’epoca si è finalmente chiusa.

LA TRATTATIVA
Ma per sancire un evento a suo modo storico, la scelta fatta dai due enti è stata quella di mantenere il basso profilo. Nessuna dichiarazione ufficiale eclatante, niente lustrini o conferenze a reti unificate. Solo un comunicato stampa di poche righe, fin troppo sintetico: «È con viva soddisfazione che il presidente della Fondazione Cassamarca Luigi Garofalo e il presidente della Cciaa di Treviso-Belluno Mario Pozza comunicano che, grazie al senso di responsabilità dimostrato da entrambi, hanno posto fine al contenzioso tra i due enti nell’ottica di una felice ripresa della loro collaborazione». Tutto qui. La possibilità di un accordo, dopo uno scontro a colpi di carte bollate che non ha risparmiato niente e nessuno, è maturata già nell’ultima udienza di dicembre quando il giudice ha chiesto, per l’ultima volta, se le due parti non avessero proprio intenzione di mettere fine alla disfida e chiudere la vicenda con una stretta di mano e una soluzione che potesse andare bene a entrambe. E da Fondazione, che fino a quel momento aveva preteso il pagamento di 5,8 milioni di euro, è arrivata la prima apertura su spinta del presidente Luigi Garofalo. Di fronte a un risarcimento notevolmente ridotto, ma non azzerato, la questione poteva anche concludersi. La Camera di Commercio si è presa tempo per decidere. E alla fine ha formulato la proposta per mettere una pietra sopra ad anni di scontri: dare a Fondazione poco meno di tre milioni di euro. E a Ca’ Spineda hanno accettato.

I VANTAGGI
«Questo accordo bonario chiude, finalmente, una partita che si trascinava da nove anni - sottolinea Pozza - direi che è la soluzione migliore per tutti. Altrimenti saremmo andati avanti ancora per molto tempo: c’era un giudice nuovo, si parlava di nuove perizie, nuovi pareri. Avremmo perso ancora anni e speso altri soldi senza sapere dove saremmo andati a finire. Meglio così. E poi abbiamo anche obbedito alla legge che invita gli enti pubblici a non portare i contenziosi tra loro oltre una certa soglia e li invita a cercare accordi che possano andare bene a tutti». Pozza tira un sospiro di sollievo. Nove anni fa, quando l’allora presidente dell’ente camerale Federico Tessari e il “dominus” di Fondazione Dino De Poli si misero d’accordo per trasferire la Camera di Commercio all’Appiani in una delle nuovissime torri appena realizzate, lui era tra quelli scettici. Poi la situazione precipitò quando Tessari lasciò la carica di presidente a Nicola Tognana, che bloccò tutti per i costi ritenuti troppo elevati. Ma a quel punto Fondazione aveva già costruito la torre e l’aveva pure arredata seguendo i dettami dell’ente. Da qui il contenzioso. «Ho ereditato tutta questo vicenda - conclude Pozza - e, sinceramente, non avrei voluto lasciarla in eredità al mio successore. Meglio chiuderla e andare avanti».

Ultimo aggiornamento: 08:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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