Focolaio in ditta nel Solighese, contagiata la metà dei dipendenti

Martedì 18 Agosto 2020 di Alberto Beltrame
Focolaio in ditta nel Solighese, contagiata la metà dei dipendenti
TREVISO - Il virus si è intrufolato in un’altra azienda, come alla Bartolini, diffondendosi tra il personale e contagiandone più della metà. L’ultimo focolaio sul quale si stanno concentrando gli esperti dell’azienda sanitaria trevigiana riguarda una ditta solighese che conta una quarantina di dipendenti. Trentotto per la precisione. Dopo il primo caso di positività riscontrato tra il personale, l’usl ha sottoposto tutti i dipendenti al tampone: 20 quelli risultati positivi al nuovo coronavirus. «Per fortuna sono tutti asintomatici - precisa il direttore generale Benazzi -, ma i test non sono finiti». Il focolaio è stato circoscritto sul fronte dei lavoratori e degli impiegati dell’azienda, ma non su tutti i familiari e i contatti stretti. Nei prossimi giorni dovranno essere così testati tutti coloro che nell’ultimo periodo hanno vissuto o sono stati a stretto contatto con i lavoratori della ditta, amici, colleghi e collaboratori compresi. Così da circoscrivere completamente il focolaio ed evitare che si allarghi ulteriormente, magari in altre aziende o in ambienti sensibili, come quelli frequentati da bambini o anziani.
CASALE SUL SILE
Intanto l’Usl ha concluso gli accertamenti sul focolaio scoppiato tra i lavoratori della Bartolini di Casale sul Sile. Un caso che ha tenuto tutti col fiato sospeso per giorni e che, a quanto pare, sarebbe direttamente collegato ai contagi dell’ex caserma Serena. Una decine i richiedenti asilo che lavoravano, prima di finire in quarantena, nel polo logistico di Casale. Nei giorni scorsi l’azienda sanitaria ha concluso i test su lavoratori a rischio e contatti stretti: 116 le persone sottoposte al tampone, 32 delle quali risultate positive. Anche in questo caso, stando a quanto emerso, nessuno ha sviluppato sintomi né tanto meno ha dovuto ricorrere alle cure dell’ospedale. «Fra le persone contagiate negli ultimi giorni, solo 5% ha sviluppato sintomi, e pure lievi, che spesso non vanno oltre una semplice febbricola» ha sottolineato nei giorni scorsi il direttore della Microbiologia di Treviso Roberto Rigoli. In questa nuova fase di contagi, che hanno sfondato quota 500 nella Marca, con quasi 1.200 persone in isolamento, quasi nessuno sta accusando le gravi patologie connesse all’infezione che avevano caratterizzate le prime drammatiche fasi della pandemia.
LA DENUNCIA
Intanto si registra un secondo contagio, dopo l’agente risultato positivo al Covid in seguito all’arresto di un 25enne gambiano (positivo) all’interno della caserma, tra gli uomini della questura di Treviso. A darne conto il sindacato di polizia Fsp. In questo caso però, il contagio non avrebbe nulla a che fare con il centro accoglienza di Dosson. « Si sussurra che i negativizzati verranno trasferiti altrove ma auspichiamo sempre nella totale chiusura del centro, che è diventato una vera e propria bomba sanitaria - afferma Mauro Armelao, segretario regionale Fsp polizia Venato -. In mezzo a tutto a questo marasma di proteste interne, con aggressioni alle forze dell’ordine, nessuno ha il coraggio di dire che in questura a Treviso contiamo purtroppo il secondo caso di positività al Covid-19: un secondo operatore di polizia che, per questioni professionali, ha lavorato per breve periodo in altra provincia poco prima di scoprire la positività». Secondo altre fonti sindacali, però, si tratterebbe di un falso positivo. «Quello che vogliamo denunciare - continua Armelao - è l’inadeguatezza dei protocolli sanitari che gli operatori della polizia devono seguire, protocolli che giudichiamo assurdi e pericolosi». 

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