False sponsorizzazioni: indagato un finanziere

Venerdì 31 Luglio 2020 di Denis Barea
False sponsorizzazioni: indagato un finanziere
CASTELFRANCO - C'è anche un finanziere della Compagnia di Castelfranco Veneto fra i 53 indagati dalla Procura di Vicenza nell'ambito dell'operazione Ritorno in bici, condotta dalla guardia di finanza di Bassano Del Grappa, che ha portato la sequestro preventivo di circa 100 mila euro. È Giuseppe Parolisi, 38 anni, originario di Caserta ma da tempo residente a Vedelago. Il suo legale, l'avvocato Fabio Pavone, si è detto certo che «Parolisi potrà spiegare tutto, non ci sono reati in quello che ha fatto, siamo fiduciosi di poter dimostrare nel corso del procedimento la sua totale estraneità ai fatti».

Al centro del giro di false fatturazioni, del valore di 1,4 milioni di euro, i dirigenti del team di Breganze, VC Breganze e Cyberteam Breganze, e decine di aziende del vicentino: Nivo Azzolin, 70enne di Breganze, Giancarlo Albanese, 78enne di San Martino di Lupari, Carlo Finco, 52enne di Curtarolo, e Roberto Rossi, 46enne di Colceresa. Gli altri 48 indagati sono titolari di imprese che hanno ricevuto dalle associazioni e contabilizzato in dichiarazione fatture per operazioni parzialmente inesistenti, tutte riportanti valori superiori a quelli effettivi. Nella lista spicca il nome della Battistella di Rossano Veneto, azienda di proprietà dei genitori di Samuele Battistella, campione del mondo in carica nella categoria under 23. Nei confronti di alcuni di loro è scattato il provvedimento di sequestro preventivo e il recupero di oneri non deducibili per circa 400mila euro e Iva dovuta per circa 85mila. 

LA SEGNALAZIONE
L'indagine è partita dalla denuncia presentata da un ciclista associato a una società sportiva dilettantistica che aveva avanzato dubbi sui presunti redditi conseguiti dalla stessa associazione con cui gareggiava. Le fiamme gialle bassanesi hanno così scoperchiato l'articolato meccanismo di evasione fiscale portato avanti dal 2012 attraverso l'emissione e l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e l'indebito utilizzo di carte di credito. Di fatto l'associazione della quale il ciclista faceva parte emetteva fatture per operazioni parzialmente inesistenti, aumentandone l'importo in relazione a prestazioni di sponsorizzazione rese in favore di diverse imprese venete. Le fatture gonfiate permettevano agli sponsor di dedurre un maggiore imponibile di quello effettivamente pagato e di detrarre maggiore Iva. Inoltre l'associazione vantava di un regime fiscale agevolato che permette il pagamento delle imposte sulla base di una percentuale dei ricavi e così, una volta incassate le somme, restituiva parte delle stesse alle aziende sponsorizzatrici. 

IL MECCANISMO
Per ricavare il contante da retrocedere ed evitare prelevamenti bancari diretti, i gestori delle associazioni sportive avevano ingegnato un metodo sofisticato: simulando la corresponsione di somme per prestazioni a decine di associati effettuavano versamenti su Iban riferibili a carte prepagate intestate agli atleti. Ma si trattava di tessere che di fatto erano nella disponibilità dei responsabili stessi delle associazioni. Versate le somme si occupavano del ritiro con un prelevamento al bancomat+, in modo frazionato e, apparentemente, senza ingenerare alcun sospetto se non quello sorto agli investigatori nella fase delle indagini quando, esaminando i dati dei prelevamenti e delle celle telefoniche dei cellulari degli indagati, sono emersi anomali prelievi eseguiti nel giro di pochissimi minuti da decine di atleti allo stesso sportello automatico, proprio in coincidenza con la presenza di qualcuno degli indagati esattamente in quella posizione. In tutto sono 766 le operazioni bancarie effettuate, alle quali è seguita le restituzione di circa 750 mila euro. 
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