Ubriaca alla guida travolse e uccise un 38enne: sconto di pena per Federica

Giovedì 11 Giugno 2020
Federica Dametto, la barista che ha travolto e ucciso Enrico Scarabello
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CARBONERA (Treviso)  - Il 3 settembre 2015, lungo il cavalcavia di San Giuseppe, con in corpo un tasso alcolemico 6 volte superiore alla media e metadone nel sangue, mentre cercava di raggiungere l'Home Festival, ha travolto e ucciso Enrico Scarabello, 38enne di Carbonera ferendo la moglie Elisa Zanardo e allontanandosi subito dopo. Ma Federica Dametto, la 38enne barista di Casier che in primo grado era stata condannata a una pena di 4 anni e 6 mesi, ha ricevuto lo sconto.

LA DECISIONE
La Corte d'Appello di Venezia ha rideterminato dopo tre anni la decisione del giudice Cristian Vettoruzzo: alla donna, applicando le attenuanti generiche, come chiesto dal suo avvocato, sono toccati 2 anni 3 mesi per l'omicidio colposo e omissione di soccorso e otto mesi d'arresto per guida in stato d'ebbrezza e sotto l'effetto di stupefacenti contro i 3 anni e 8 mesi di reclusione e 10 mesi di arresto. Federica Dametto aveva scelto di affrontare il dibattimento, dopo che la procura aveva respinto la sua istanza di patteggiamento a 3 anni, una pena dalla quale sarebbe stata esclusa l'omissione di soccorso.

LA STORIA
Le vite della 38enne e della giovane coppia di Carbonera si erano incrociate quella tragica notte d'inizio settembre. Erano le 22,50 quando Enrico ed Elisa, dopo una giornata di lavoro nella loro fioreria, avevano deciso di andare all'Home Festival ma c'era troppa ressa e così si erano fermati a un ristorante giapponese. Stavano tornando al parcheggio quando, in cima al cavalcavia, vennero travolti dalla Rover della 38enne. Federica Dametto si era fermata un attimo, era scesa per poi ripartire mentre Elisa, sul ciglio della strada stava urlando: «Mio marito, dov'è mio marito, non lo trovo più». Enrico Scarabello era a terra, qualche metro più sotto, riverso senza vita sulla scarpata del cavalcavia.
La Dametto si sarebbe fermata ameno di un chilometro di distanza, addormentata sopra al volante della sua auto.

In primo grado la difesa, affidata all'avvocato Fabio Capraro, aveva cercato di smontare l'accusa puntando sulle condizioni di sicurezza della strada e sulla presunta corresponsabilità delle vittime che camminando sul cavalcavia quella sera avrebbero tenuto un comportamento imprudente. Il legale sottolineò la condotta imprudente dei due pedoni, che al buio, sul lato sbagliato e senza nessun giubbotto catarifrangente, si erano incamminati sul cavalcavia, ignorando i cartelli che indicavano il passaggio pedonale alla base dello stesso. Il difensore aveva puntato inoltre l'arringa anche sull'altezza del guard-rail, non conforme a quanto stabilisce la legge. «Siamo parzialmente soddisfatti spiega Capraro - i giudici hanno riconosciuto la corresponsabilità delle vittime del tragico incidente. Ora valuteremo se fare o meno ricorso in Cassazione, sulla base del fatto che la Procura generale, accogliendo le nostre argomentazioni, aveva chiesto lo stralcio del reato di omissione di soccorso». Dopo quei fatti sul cavalcavia è stato posto il divieto di accesso ai pedoni e durante l'Home Festival sono state introdotte maggiori misure per garantire la sicurezza di chi sceglie di arrivare a piedi in Dogana.

Ultimo aggiornamento: 16 Aprile, 06:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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