Chiusa l'Electrolux. «Ora stop ai rischi». Orario ridotto e cassa integrazione

Mercoledì 25 Marzo 2020
Chiusa l'Electrolux. «Ora stop ai rischi». Orario ridotto e cassa integrazione
SUSEGANA Electrolux chiude tutti gli stabilimenti produttivi fino al 14 aprile, quando si riprenderà ma a orario ridotto. La decisione del gruppo è stata comunicata ieri alle segreterie di Fim, Fiom Uilm e alle Rsu. Restano aperte solo la divisione ricerca e sviluppo, quella che si occupa dei server (di Pordenone), il magazzino ricambi di Porcia (con orario ridotto) e le portinerie. Inoltre per ogni stabilimento sarà operativo un manutentore per turno. Tutti i lavoratori saranno in cassa integrazione per scongiurare il rischio che si diffonda il coronavirus e anche per la frenata di ordini subita con pesanti effetti sui mercati. La ripresa, fatte salve ulteriori proroghe, è programmata per il 14 aprile, finite le festività pasquali, con turni di sei ore e due di cassa integrazione. Ai lavoratori, per non perdere reddito, è stata offerta l'opzione di trasformare parte della cassa integrazione con copertura di ferie o permessi. Banca ore da comunicare entro il 27 marzo. Fiom ha chiesto la maturazione dei ratei (tredicesima, ferie) e l'azienda si è riservata di valutare la richiesta. 

IL CONTAGIO
L'azienda ha inoltre colto l'occasione dell'incontro per informare i sindacati del nuovo caso di positività da Covid-19 esploso venerdì scorso nello stabilimento di Susegana. Il secondo contagiato è un operaio trenista, figura che rifornisce di materiali le linee di produzione, cinquantenne di Vazzola il quale ha firmato per la non ospedalizzazione e per una cura sperimentale. Ora è in condizioni complicate, ma stabili. Una ventina i nomi forniti dall'azienda all'Usl2 di lavoratori che sono venuti a contatti con il collega malato, assente dal 6 marzo. La Rsu ha chiesto che al lavoratore, come prevede il decreto ministeriale, sia riconosciuto l'infortunio sul lavoro, stante il probabile contagio avvenuto tramite il contatto con il caso zero, ovvero il manutentore della ditta esterna. Altra richiesta è stata di fare il tampone a tappeto a tutti i dipendenti dopo i due casi positivi in poco tempo, oltre a diversi in quarantena anche di ditte esterne. Richiesta che le Rsu, Fim, Fiom e Uilm hanno già inoltrato a Ministero, Regione e Usl2 coinvolgendo anche le segreterie sindacali. L'azienda ha ritenuto poco utile tale prevenzione, rimettendosi alle decisioni dell'azienda sanitaria, ritenendo più utile rintracciare i lavoratori venuti a contatto con i malati. 

LA BATOSTA
Anche negli anni bui della crisi finanziaria post 2008, ha rappresentato un'ancora di salvezza per moltissime imprese trevigiane. Ora l'emergenza coronavirus, con il suo corollario di fabbriche chiuse, confini blindati e traffici azzerati, si abbatte proprio sull'export. Una batosta per un'economia, come quella della Marca, fortemente vocata agli scambi internazionali. Il solo fermo produttivo imposto dal decreto Chiudi Italia a oltre 58mila aziende, secondo le stime della Camera di commercio, colpisce il 73% delle esportazioni provinciali. Rapportato a una durata di 15 giorni, equivale a una perdita di 400 milioni di euro. Si tratta di una proiezione secca, come avverte Federico Callegari, responsabile dell'ufficio studi dell'ente camerale, sui cui potrebbero poi influire molteplici altri fattori, legati all'interdipendenza delle filiere globali. 

I RISCHI
A partire dalla reazione a catena di un lockdown generale nei principali mercati di sbocco delle nostre merci. Spagna, Francia, Germania e Regno Unito valgono da sole 5 miliardi all'anno per l'export trevigiano. Ma anche i paesi dell'Est Europa e dei Balcani presentano un elevato indice di dipendenza nell'interscambio con la Marca, ossia un parametro che misura quanto un territorio è legato a un determinato mercato. I flussi verso quell'area (al netto di Russia e repubbliche ex sovietiche) ammontano a circa 2,5 miliardi: blocchi di frontiere e misure di contenimento sanitario, dunque, possono avere un impatto sensibile sulla nostra economia. E pensare che dopo un 2019 in gran parte travagliato, a causa delle guerre tariffarie, nell'ultimo trimestre le vendite all'estero avevano assestato un potente colpo di reni: un più 19% sui tre mesi precedenti, tale da riportare pressoché in parità (meno 0,4%) l'intero bilancio annuale, con un valore complessivo di 13,5 miliardi di euro. 

LO SCENARIO
Pure il primo scorcio del 2020 stava confermando il buon andamento. Quello scenario appena tre mesi fa oggi è, per dirla ancora con Callegari, «passato remoto». Quanto può durare? Impossibile fare previsioni, l'unica speranza è che, se il contagio segue la curva cinese, si possa verificare un rimbalzo nel terzo trimestre. Il presidente Mario Pozza torna a un invocare un «massiccio sostegno all'economia da parte delle istituzioni: a sostegno del reddito dei lavoratori e delle imprese, con risorse illimitate: subito, e poi quando saremo nella condizione di ripartire». Con attenzione per le pmi e per l'accesso al credito: «I parametri di Basilea 3 vanno rivisti erano troppo stretti già in tempi normali, figuriamoci ora, quando i bilanci non potranno, per forza di cose, essere a posto». La Camera di commercio continua ad operare appieno, pur in telelavoro.
Elisa Giraud
Mattia Zanardo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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