Navi bloccate al porto di Shangai: senza componentistica l'Electrolux si ferma

Sabato 23 Aprile 2022 di Mattia Zanardo
Navi bloccate al porto di Shangai: senza componentistica l'Electrolux si ferma

TREVISO - L’immane fila di navi portacontainer bloccate parte dal porto di Shanghai e arriva fino alla Marca. In particolare a Susegana. Finora era rimasta abbastanza immune, ora però anche la sede trevigiana dell’Electrolux deve fare i conti con la carenza di materiali, come già succede da tempo nella “gemella” Porcia: dopo il primo stop forzato lo scorso 15 aprile, lo stabilimento dovrà fermarsi di nuovo il 28 e il 29 aprile, il 3 giugno e, con ogni probabilità, per ulteriori giornate. All’orizzonte fino a 5 giorni di stop. La situazione evolve giorno per giorno, ma pare difficile poter evitare la chiusura temporanea. La multinazionale del freddo, avendo una catena di fornitura più sbilanciata verso l’Estremo Oriente rispetto ad altri operatori del settore (la gran parte delle schede elettriche utilizzate in De’ Longhi, ad esempio, proviene dal Bellunese), sconta in modo più repentino le restrizioni alle consegne da quei paesi.

LA PUNTA DELL’ICEBERG

Ma rappresenta solo la punta di un iceberg ben più profondo ed esteso: altrove non si è per ora arrivati a dover sospendere momentaneamente le lavorazioni, ma le difficoltà dovute agli approvvigionamenti sono comuni a pressoché tutte le aziende. Di svariati comparti, e, ovviamente, non solo trevigiane, ma su scala nazionale. «È una situazione che si sta trascinando ormai da fine 2019, primi 2020 - conferma Filippo Pancolini (in foto), vicepresidente con delega alle Politiche industriali di Assindustria Venetocentro, oltre che presidente del Gruppo metalmeccanico dell’associazione -. Si credeva che con l’inizio di quest’anno potesse in qualche modo rientrare, invece si è aggravata negli ultimi mesi, in modo trasversale a tutti i settori». Legno, carta, chimica- plastica, edile, alimentare, trasporti: tutte le aree merceologiche principali, quale più, quale meno, sono toccate. «Non sta risparmiando nessuno», ribadisce l’imprenditore. «Vedremo tra due o tre mesi le conseguenze di quello che sta succedendo a Shanghai: più di 500 navi ferme, per circa 3milioni di container bloccati - sospira Pancolini - . Facendo due conti a spanne, siamo sull’ordine di circa 300 miliardi di Pil mondiale, equivalente ad un 7% di export cinese. Tutto ciò non può non avere effetti sui tempi e sui prezzi dell’approvvigionamento». Già oggi, peraltro, la lunga battaglia fa sentire i suoi effetti: anche chi riesce a rifornirsi con continuità, lo fa a prezzi di materie prime e semilavorati schizzati alle stelle. «Lo si vede dai bilanci - spiega il vicepresidente - i fatturati e gli ordinativi, magari, sono aumentati, però i margini delle aziende sono arretrati proprio a causa di questi costi. E continueranno purtroppo ad abbattersi. Fino a qualche mese fa le imprese riuscivano ad incamerare i rincari o, in parte, a scaricarli ‘a valle’, ma gli incrementi sono ormai diventati strutturale e, certamente, non si può continuare a riversarli sui clienti».

IL MONITORAGGIO

Oltre a vari iniziative di assistenza e informazione, ha elaborato e messo a disposizione dei soci una piattaforma per un monitoraggio delle quotazioni di una serie di materiali, energia comprese, per consentire di gestire meglio gli acquisti. Pancolini stesso, tuttavia, riconosce come servano altre soluzioni. «Rivedere le catene globali di fornitura? Le nostre filiere sono una ricchezza, non vanno smembrate in funzione di nuovi modi di approvvigionamento, pena il rischio di perdere il valore aggiunto rispetto ad altri paesi. Piuttosto vanno ripensate in un modo più strutturato. E su questo è necessario un intervento a livello centrale da parte del governo. Qualsiasi azienda del nostro tessuto, per quanto grande e importante sia, ha un peso relativo a livello internazionale: per questo bisogna pensare agli approvvigionamenti in termini di aggregazione, per poter avere un peso maggiore».

Ultimo aggiornamento: 08:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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