Export della Marca in affanno: bruciati 167 milioni. «Ed è solo l'inizio»

Sabato 13 Giugno 2020 di Mattia Zanardo
Il terminal del porto commerciale di Marghera
TREVISO Difficoltà negli approvvigionamenti, blocco delle frontiere, attività chiuse: un mix tossico, in grado di bruciare 167 milioni in tre mesi. La pandemia Covid non risparmia i suoi effetti sulle esportazioni della Marca fin dal primo trimestre, nonostante il culmine dell'emergenza sia giunto nei mesi successivi e dunque ci sia da attendersi un conto prossimamente ancora più salato. Già tra gennaio e marzo, comunque, le vendite all'estero da parte delle aziende trevigiane perdono 5,1 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, scendendo a 3 miliardi e 137 milioni di euro totali (comunque seconda provincia esportatrice in Veneto, dopo Vicenza, ottava in Italia). Anche più accentuato, in proporzione, il calo delle importazioni: meno 6,6%, ovvero 120 milioni, per un valore complessivo di merci in entrata di un miliardo e 693 milioni. Pure nel primo scorcio del 2019 le due voci erano in frenata, ma il ribasso era meno della metà: rispettivamente del 2 e dell'1,7%.
L'ANALISI
«I dati relativi al primo trimestre permettono di capire anche su questo fronte quali primi danni abbia inferto l'emergenza Covid alla nostra economia sottolinea Mario Pozza, presidente della Camera di Commercio di Treviso e Belluno, commentando le statistiche diffuse ieri dall'Istat ed elaborate dal sistema camerale E si tratta di primi danni perché inevitabilmente ci aspettiamo un ulteriore peggioramento delle dinamiche nel secondo trimestre, quando il lockdown è entrato nella sua fase più acuta». 
Pure Maria Cristina Piovesana, leader di Assindustria Venetocentro, non si nasconde come l'impatto rischi di allargarsi ancora: «Nelle nostre stime il 69,7% delle aziende prevede una contrazione delle vendite all'estero nel primo semestre 2020, che per quattro su dieci sarà di oltre il 20%. Nonostante ciò, le imprese sono impegnate con forza a riorganizzare le proprie produzioni, incarnando la voglia di reazione dei nostri territori e del Veneto. Ma questa voglia supportata dall'associazione va inserita dentro una forte azione di sistema per il recupero nei mercati internazionali». 
I DATI
I settori più interessati dalla caduta dell'export sono i macchinari industriali (-11,2%) e il sistema moda (-9,8%): ciascuno lascia sul campo 60 milioni di minori vendite. Subito a ruota segue la componentistica per autoveicoli: 9 punti e mezzo, 11,6 milioni di euro in fumo in termini assoluti. Fortunatamente ci sono anche comparti in controtendenza: l'alimentare cresce del 20%, con un incremento di vendite oltre confine di 24 milioni. Le esportazioni di bevande (ossia, in stragrande maggioranza, i vini) aumentano di dieci milioni, vale a dire il 6,3%. Quanto alle destinazioni geografiche, soffrono Francia (31,2 milioni in meno), Regno Unito (30,7), Cina e Hong Kong (21), Svizzera (20): per questi ultime ultime due aree, la flessione è del 22% rispetto al 2019. Tiene l'export verso la Germania, primo mercato del manifatturiero trevigiano, in crescita di 16,7 milioni (più 3,8%), così come verso gli Stati Uniti (17 milioni) e la Turchia (18 milioni, addirittura più 72%). 
«Oggi è l'ultima chiamata per giocare una partita che finora l'Italia ha sempre perso - rimarca Massimo Finco, presidente Vicario di Assindustria Venetocentro -: quella di non lasciare sole le aziende nei mercati esteri. Mi auguro veramente di avere in agosto il problema di lavorare. Significherebbe che le imprese e l'export hanno ripreso vitalità, cosa che purtroppo al momento non sembra».
Cosa succederà? Una qualche anticipazione può forse fornirla l'andamento dei certificati di origine per l'estero, documento rilasciato dalle Camere di commercio per le merci da esportare: ad aprile è crollato del 65%, per poi risalire dopo l'allentamento della serrata, ma comunque sempre del 35% sotto all'anno scorso.
«E' chiaro non si illude Pozza che si tratta di terreno perso difficilmente recuperabile entro il 2020, come ci dicono le imprese: ma dobbiamo fare il possibile per aiutarle nel rilanciarsi sui mercati esteri, sperando che spariscano le asimmetrie ancora determinate dai contagi in corso. Sono auspicabili tutte le possibili forme di sostegno all'export, al rilancio dell'immagine del Made in Italy. E dobbiamo correre come lepri, prima che altri occupino gli spazi di mercato che abbiamo lasciato impresidiati». 
 
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