Il nipote gli spara in testa, le figlie: «Nessuna vendetta, preghiamo per papà»

Giovedì 18 Febbraio 2021 di Giuliano Pavan
Le figlie di Joco Durdevic dopo la sparatoria in Borgo Capriolo
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TREVISO - «Speriamo in un miracolo. Adesso non pensiamo ad altro, vogliamo soltanto che nostro padre possa risvegliarsi al più presto». Samantha Durdevic, la maggiore delle tre figlie di Joco Durdevic, il 53enne rom raggiunto dai colpi di pistola esplosi dal nipote Branko, e sorella di Riccardo, attualmente richiuso in carcere a Treviso, rompe il silenzio e invita tutta la comunità a stringersi attorno al papà. «Non cerchiamo alcuna vendetta. Sono giorni che non smettiamo di piangere e quello che ci interessa è che questa brutta storia abbia un lieto fine». La tanto temuta faida che si potrebbe scatenare dopo la sparatoria di Borgo Capriolo viene respinta proprio dalla figlia della vittima: «Siamo credenti, e in questi giorni stiamo pregando tutti. Non abbiamo bisogno di altra violenza. Chi ha sbagliato pagherà quello che dovrà pagare, ma non ci saranno vendette. Chiediamo solo che venga fatta giustizia per mio papà». 

Dopo la rabbia dei primi giorni, nella famiglia di Joco Durdevic, che poi è strettamente legata a quella di Branko, si sta facendo spazio la voglia di lasciarsi alle spalle quanto accaduto nella speranza che le conseguenze siano limitate.

Joco è in coma, in condizioni gravissime, ma i medici stanno facendo il possibile non solo per salvargli la vita ma per assicurargli un’esistenza degna. «A parlare con i medici è mio zio Silvio - continua Samatha - è più capace di noi a non farsi prendere dalla tristezza. Sta vicino a noi e a suo fratello, e poi ci spiega bene cosa sta accadendo a mio padre, le terapie a cui lo stanno sottoponendo e le risposte che sta dando. Il quadro clinico è complicato, ma mio papà è un leone e sta lottando con tutte le sue forze. Lo sta facendo per lui, ma soprattutto per noi e per la sua famiglia. Ogni giorno speriamo che avvenga il miracolo per cui stiamo pregando».


I familiari di Joco hanno avuto il via libera dei sanitari per poterlo vedere. Pochi minuti, niente di più, da dietro un vetro. Anche Riccardo, che sta scontando una pena di sette anni e mezzo per rapina ed estorsione, ha avuto il benestare del magistrato di sorveglianza per uscire dal carcere e andare a trovare il padre. Un incontro fugace, mentre Joco era incosciente, scortato dagli uomini della polizia penitenziaria. «Mio fratello è tanto dispiaciuto - afferma Samatha - È lì da solo e noi possiamo vederlo poco. Sarebbe bello che potesse stare al nostro fianco in questo momento, ma sta pagando per gli errori che ha fatto e sappiamo che ci è vicino». 

Silvio Durdevic, fratello sia della vittima che di Ranko, il padre di Branko, è chiuso nel suo silenzio. Sta facendo da paciere, per riportare la questione sui giusti binari, ed è in stretto contatto con i medici. Da lui arriva qualche dettaglio sulle condizioni di Joco. Dalle tac a cui è stato sottoposto, sembra che non ci sia alcuna pallottola che lo ha raggiunto al cervelletto, ma dei frammenti ossei. Come se il proiettile sia entrato e uscito, o lo abbia colpito di striscio o di rimbalzo. I danni del calibro 9x21 sono comunque importanti. Come importanti saranno le risposte che il fisico di Joco darà alle cure. Oltre al danno cerebrale, che i sanitari stanno cercando di ridurre il più possibile, c’è l’infezione polmonare a preoccupare. Sempre che le condizione del 53enne non precipitino, servirà tempo per capire quando e in che modo possa riprendersi. Su di una cosa però i familiari sono sicuri: «È un combattente e non si arrenderà mai». E non lo sperano solo loro.

Ultimo aggiornamento: 10:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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