Dj Shocca, il ritorno "Sacrosanto" con i migliori rapper italiani: «Treviso? All'inizio ci sentivamo alieni, oggi i tempi sono cambiati»

Sabato 27 Maggio 2023 di Giuliano Pavan
Dj Shocca, il ritorno "Sacrosanto" con i migliori rapper italiani

TREVISO - «Treviso non è una metropoli. All’inizio l’ambiente era difficile, ci sentivamo alieni a casa nostra. Con l’età, però, si impara anche a fare pace con il passato e ora ho capito che la città, con quell’atteggiamento, mi ha dato la benzina giusta per arrivare fino a qui. Adesso i tempi sono cambiati, e lo si vede facendo due passi nel weekend per il centro». Se non è una dichiarazione d’amore poco ci manca. E Dj Shocca, all’anagrafe Matteo Bernacchi, dedica un pensiero al luogo dove tutto è iniziato, con tutte le difficoltà del caso. E lo fa il giorno dopo in cui il suo nuovo album, intitolato “Sacrosanto”, disponibile da ieri su tutte le piattaforme digitali (e non solo), ha già raccolto gli apprezzamenti di critica e addetti ai lavori, oltre che del pubblico. D’altra parte, dopo 19 anni da “60 Hz”, diventato una pietra miliare del rap italiano, il ritorno del producer trevigiano non poteva che lasciare il segno. Anche perché all’interno ci sono ospiti di tutto rilievo: Nitro, Gemitaiz, Sottotono, Danno, Kaos, Emis Killa, Ghemon, Ensi, Nerone, Inoki, Egreen, MadBuddy, Mistaman, Frank Siciliano, Mostro, Mattak e la giovanissima Sissi («Una cantante straordinaria» afferma Shocca, ndr). 


Sono passati quasi 20 anni da “60 Hz”, come mai ha deciso di uscire con questo nuovo album?
«Semplicemente perché è il momento giusto. Il sistema discografico è stato rivoltato negli ultimi due decenni, sono arrivati generi nuovi come la drill e la trap, evoluzioni di quel rap che di fatto ha spianato loro la strada.

Anche in un paese refrattario come il nostro, adesso è entrato nelle case di tutti, è diffuso, e i più giovani stanno riscoprendo la golden age, quella old school che ci appartiene, di cui ci sentiamo vecchi eroi». 


Otto tracce, tanti artisti non proprio più underground, e un suono riconoscibile. Cosa c’è di nuovo in Sacrosanto, oltre al rilancio dell’etichetta Unlimited Struggle?
«È un lavoro curato, con più struttura rispetto a 60 Hz. Ma è il classico disco underground, con drums calde e bassline che sono un po’ il mio marchio di fabbrica, che a volte è anche il mio punto debole. È un ritratto autentico di tutta la scena». 


Le collaborazioni vedono protagonisti una lunga lista di leggende dell’hip hop italiano mischiate a rapper affermati, mainstream ed emergenti. Come li ha riuniti tutti?
«In realtà è un album fatto assieme ad amici. Siamo una famiglia cazzuta (ride, ndr). Quando c’è stata la chiamata alle armi ho ricevuto risposte immediate. Sono stato sommerso di entusiasmo, e la parte della stesura dei testi è stata naturale». 


Da dove viene l’idea del titolo Sacrosanto?
«Quando è uscito 60 Hz, la prima traccia recitava: “Dedicato alla musica”. Questa volta mi sono messo a servizio del suono, di quello che abbiamo ascoltato negli anni d’oro del rap e che non è mai stato così attuale. Ecco, quel suono è sacrosanto». 


C’è un brano di cui è più orgoglioso di altri?
«Posso dire che tutte le tracce hanno un’alchimia tra i vari artisti che definirei insolita, ma potente. Penso a Kaos con Emis Killa, a Ensi con Nerone, a Egreen con Danno. Scelte eterogenee molto interessanti. Riconosco, però, che mettere insieme Tormento e Gemitaiz, con un beat doppio creato da Fish e da me collegato dal ritornello di Sissi è stato un azzardo. All’inizio non sapevo come sarebbe venuto fuori il pezzo, ma il risultato è spettacolare».

Ultimo aggiornamento: 28 Maggio, 10:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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