Il direttore d'orchestra Diego Basso: «Paolo Limiti mi ha cambiato la vita»

Lunedì 21 Febbraio 2022 di Edoardo Pittalis
Diego Basso

CASTELFRANCO VENETO - Da bambino al Conservatorio non ce la faceva a suonare il fagotto, proprio non ci arrivava con le mani. Gli cambiarono il fagotto con la tromba, ma costava quanto tutto lo stipendio del padre bidello e per comprargliela la famiglia firmò un pacco di cambiali. Ne valeva la pena, oggi Diego Basso, 58 anni, di Castelfranco Veneto va in giro per il mondo ad accompagnare con la sua orchestra Andrea Bocelli, i tre del Volo e altre star della musica pop.

Dall'Arena di Verona a Boston, da Mosca alla Cina. Dal concerto in Senato trasmesso in mondovisione a Good Morning America sulla tv Usa. Deve molto a Paolo Limiti che trent'anni fa lo scoprì e lo volle in Rai a tempo pieno. «Dieci, quindici brani al giorno per 200 giorni all'anno. Recuperava la musica leggera italiana, con lui ho fatto un'enciclopedia della canzone con la De Agostini, oltre 100 cd. Andare in diretta tutti i giorni è una scuola, è stato allora che ho capito che la direzione d'orchestra era il mio futuro. È fondamentale la partenza, il foglio pentagrammato bianco. Da Limiti si scriveva a mano e si copiava a mano».


Sognava il mondo della musica sin da bambino?
«Cantavo in parrocchia anche da solista. Ma è stato il maestro Fraccaro che in quinta elementare mi ha spinto verso il Conservatorio musicale. Era l'ultima cosa che papà Lino si sarebbe aspettato, lui era bidello delle medie Giorgione e non vedeva l'ora che diventassi un alunno della sua scuola. Mi ha accompagnato per dovere all'esame di ammissione, era convinto che mi avrebbero respinto perché non avevo fatto nemmeno il corso propedeutico. Come strumento mi assegnarono il fagotto, l'unica cosa che sapevo è che lo si sentiva nella sigla della Pantera rosa. Ma non ci arrivano con le mani a suonarlo, il preside Zambon lo cambiò con la tromba. Mamma Angela ha spinto per l'acquisto, i miei genitori hanno fatto qualcosa di grosso, mi hanno dato una lezione di fiducia immensa. È andato tutto bene fino a quando hanno scoperto che avevo un problema respiratorio al naso, una poliposi che ancora mi porto dietro. Ho dovuto smettere. Intanto, avevo proseguito gli studi in ragioneria e un diploma ce l'avevo. Quella di ragioniere è stata la mia professione per un bel po' di anni».


Quanto è durata la carriera del ragionier Basso?
«Ho lavorato in un'azienda degli artigiani, poi con i commercianti, ma non avevo lasciato la musica. Ho diretto il coro della parrocchia e quando don Franco De Marchi, prete all'avanguardia, ha messo insieme un gruppo musicale io ero pronto. Mi sono preso il diploma di canto lirico e ho studiato composizione e direzione d'orchestra. A trent'anni ho diretto il Coro Stella Alpina di Treviso ed è arrivato l'incontro fortunato che mi ha cambiato la vita. Paolo Limiti per la sua trasmissione del pomeriggio in Rai, Ci vediamo in tv, cercava un coro alpino. Tutto il mio nuovo mondo è iniziato in quel momento. Dopo un anno mi ha chiesto se volevo fare il musicista a tempo pieno e ho deciso senza rimpianti. Limiti mi ha insegnato tantissimo, dalla scrittura musicale a livello di arrangiamento a creare piccoli numeri, tutto in diretta. L'esperienza mi è servita quando sono ritornato in tv con Mogol per i suoi 80 anni, con Paolo Bonolis in Music, per le puntate con Antonella Clerici».


Come è andata con Mogol?
«Lui è un personaggio a volte scontroso, ma determinato: le parole che ha scritto con Battisti e con tanti altri sono di una profondità e di una semplicità straordinarie, arrivano a tutti. Sono andato anche nella sua scuola. Ci vuole grande abnegazione, ma anche una dose di fortuna per gli incontri importanti. Limiti faceva il grafico pubblicitario, poi ha incontrato persone che credevano in lui e ha cambiato vita. Ha scritto canzoni bellissime, ma ha avuto la fortuna di essere scelto da Mina».


Ha preso spunto da Mogol per fondare una sua scuola?
«Forse un po' sì, ma soprattutto mi trovavo a pensare che il mondo del pop in America ha le sue scuole, mentre da noi non esisteva niente del genere. Devi seguire i cambiamenti nel mondo della musica, dell'elettronica, dell'informatica. Ho cercato di impostare un'accademia che desse una preparazione e una formazione per lo spettacolo, Art Voice Academy è nata una ventina d'anni fa proprio per questo. I ragazzi, che oggi sono 140, per otto anni studiano canto, pianoforte, jazz, recitazione, musiche, coro Ogni anno facciamo due grandi concerti. Ho costituito anche l'Orchestra Ritmo-Sinfonica Italiana specializzata nel pop. Abbiamo lavorato con artisti di fama internazionale, siamo stati nelle principali reti televisive, abbiamo inciso album per Roby Facchinetti e per le musiche di Morricone col grande flautista Andrea Griminelli e con una serie di star. Sei anni fa abbiamo creato un'orchestra giovanile, la Rythm Sinfonic Young Orchestra, e subito dopo siamo andati a Sanremo Young di Antonella Clerici, in diretta dall'Ariston. Ragazzi che vengono da ogni parte d'Europa, molti sono qui per Erasmus. Tutto parte e arriva a Castelfranco».


Come avete affrontato la pandemia?
«La pandemia non ha cambiato soltanto le nostre abitudini, aumentando l'isolamento, spegnendo a lungo la vita dello spettacolo. Ha anche cambiato i nostri gusti, oltre al modo di comunicare. E questo cambiamento non scomparirà. Nel 2020 pensare a un concerto senza pubblico era impensabile, dopo tre mesi di lockdown ne abbiamo fatto uno da Castelfranco ed è stato come una festa di liberazione. Forse la pandemia ha accelerato il cambiamento del modo di fare musica che era già in movimento. Oggi si fa fatica a trovare un brano di successo che resista più di un anno. Ma è un problema di tutta la cultura, dal libro al cinema alla tv. Tutto sparisce in fretta. Ai miei allievi ho fatto un corso perché non sapevano chi erano i Beatles, eppure studiano musica! Forse c'è anche in musica un ritorno alla semplicità. La pandemia ha accelerato l'uso e il peso delle nuove tecnologie, l'uso e spesso l'abuso dei social anche musicali. Oggi abbiamo il rap, l'urban, mille altre sfaccettature del pop che è in trasformazione».


Tutte le star che hanno cantato con lei?
«Dal 2004 portiamo in giro un omaggio a Ennio Morricone insieme a Griminelli, abbiamo anche inciso un album con le voci di Sting, Zucchero, Nek e altri. Ho avuto la grande fortuna di conoscere Ennio Morricone, di parlare spesso con lui, di portare il suo lavoro ovunque, anche in Cina; il nostro ultimo cd ha la direzione artistica di Giovanni Morricone, il figlio. C'è un duetto tra il tenore Luca Minelli e Carry Ellis, solista grandissima, con un assolo di Brian May, il mitico chitarrista dei Queen. Per me Ennio Morricone è il più grande del Novecento, è la semplicità ai confini della musica lirica, è melodia. Ho portato l'orchestra anche in luoghi diversi: dalla Cima Grappa per la Grande Guerra al Ponte di Bassano per l'inaugurazione dopo il restauro. A Falcade abbiamo suonato sui tronchi degli alberi abbattuti dalla tempesta Vaia, poi alle sorgenti del Sile all'alba, a 2600 metri sul Col Margherita. Senza dimenticare i tour fatti con Il Volo in tutto il mondo e il concerto in Senato in mondovisione su Rai 1 sempre con Il Volo. Ho avuto la fortuna di dirigere Lucio Dalla, la Mannoia, Mario Biondi, Anastasia, la grande Katia Ricciarelli. Come dimenticare di essere stato ospite a Sanremo dirigendo l'orchestra! Adesso siamo impegnati con le pagine di Roby Facchinetti che riporta i Pooh alla musica sinfonica con coro lirico e coro pop, ma senza usare la band. Un grande compositore Facchinetti, l'ho scoperto e riscoperto con questo album sinfonico: Parsifal non è solo rock, è un modo di sentire la musica che riassume un po' anche tutto il mio mondo».

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