Fa sparire 6 milioni dai conti dei clienti: pena confermata per Daniele Vidotto

Mercoledì 30 Dicembre 2020 di Denis Barea
Il promotore finanziario Daniele Vidotto lavorava per la Credit Suisse che poi lo ha denunciato
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Era accusato di aver fatto sparire 6 milioni di euro dai conti correnti dei suoi clienti presso la Credit Suisse di Piazza Crispi a Treviso, e per ciascuno di quei milioni era stato condannato in primo grado a 12 mesi di reclusione, ovvero sei anni e due mesi ridotti poi a tre anni e venti giorni di reclusione e 1.180 euro di multa in appello, con la revoca delle pene accessorie. Il mese scorso la sentenza nei confronti di Daniele Vidotto, promotore finanziario di 57 anni originario di Oderzo, è diventata esecutiva. La seconda sezione penale della corte di Cassazione ha infatti respinto il ricorso dell’uomo, difeso dall’avvocato Luigi Fadalti, confermando quanto deciso dalla corte d’appello Venezia. 
LA VICENDA
Il caso, che fece molto scalpore in città, risale al 7 aprile del 2015 quando venne emessa la sentenza di primo grado per fatti che risalgono addirittura al 2007, anno in cui secondo l’accusa il promotore finanziario avrebbe iniziato a eseguire movimenti illeciti nei conti dei suoi clienti senza che la banca sapesse nulla. Daniele Vidotto, a cui veniva contestata la recidiva infraquinquennale, dopo aver già patteggiato 4 mesi per evasione fiscale venne denunciato per truffa, appropriazione indebita e violazioni del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia dalla stessa Credit Suisse, che aveva scoperto l’emissione di assegni tratti dal conto di un ignaro cliente e versati all’azienda che stava ristrutturando la casa dell’imputato in zona Pescheria. Da un controllo interno erano emersero le prime irregolarità, che via via si sono fatte sempre più numerose. 
IL METODO
Secondo gli investigatori il denaro degli investimenti proposti ai clienti veniva fatto confluire nel conto di un amico di Vidotto, finito pure lui a processo per riciclaggio e poi assolto, o in un secondo conto corrente che sarebbe servito al promotore finanziario per la ristrutturazione di un attico di lusso in Pescheria. Ai clienti, secondo l’accusa, venivano poi mostrate finte rendicontazioni bancarie per far vedere che gli investimenti erano a posto. Il ricorso dell’avvocato Fadalti faceva riferimento all’aumento della pena nella misura di un mese e dieci giorni di reclusione con riguardo ad altri assegni emessi il 22 luglio 2011 per un importo complessivo di 11mila euro tratti dal Vidotto e un’erronea applicazione della legge penale in relazione al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, non essendosi tenuto conto dell’incensuratezza dell’imputato. 
IL GIUDIZIO
Gli Emellini hanno ritenuto infondato il primo motivo, che pretende di estendere la prescrizione «non tenendo conto che la sentenza di improcedibilità per prescrizione ha avuto riguardo alle condotte antecedenti quella data, ossia poste in essere fino al 21 luglio 2011, con la conseguenza che per i fatti commessi il 22 luglio 2011 l’area di punibilità è stata chiaramente affermata».

La mancata risposta del giudice d’appello alla richiesta difensiva di riconoscimento delle attenuanti generiche trova invece «giusta motivazione nell’omessa indicazione da parte del richiedente delle ragioni che ne potevano giustificare il riconoscimento». Tra le vittime di Vidotto anche le sorelle Zoppas, risarcite da Credit Suisse del danno patrimoniale, dei danni di immagine e della impossibilità di investire i propri risparmi, perché spariti, in iniziative più redditizie. 

Ultimo aggiornamento: 31 Dicembre, 10:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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