I cuccioli entrano nel reparto di Pediatria per aiutare i bambini malati

Giovedì 14 Febbraio 2019 di Mauro Favaro
Bambina di 12 anni, gravemente ammalata, ha chiesto di poter almeno riabbracciare il proprio cagnolino: accontentata
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È stata ricoverata nel reparto di Pediatria del Ca’ Foncello per una grave malattia che le aveva oscurato il sorriso da bambina di nemmeno 12 anni. Medici e infermieri si sono subito presi cura di lei. Ma alla piccola mancava ancora qualcosa. Ha chiesto di poter vedere il suo amato cagnolino. Anche solo per pochi minuti. E il personale della Pediatria l’ha accontentata. La bambina ha potuto ricevere la visita del suo amico a quattro zampe direttamente all’interno del reparto. È la nuova frontiera della pet therapy a Treviso. «È stata la prima volta – spiega il primario Stefano Martelossi – un caso per ora unico».  
Ma non è che l’inizio. L’unità del Ca’ Foncello che accoglie i piccoli pazienti con problemi di salute ha infatti deciso di aprire le proprie porte anche agli animali dei ricoverati. In particolare per i bambini colpiti da tumore in uno stadio avanzato o addirittura in fase terminale. Non si tratta di un’apertura generale. Devono essere rispettate precise condizioni riguardanti il quadro clinico dei pazienti, i controlli veterinari eseguiti sugli animali prima dell’ingresso in ospedale, il loro comportamento e la loro gestione in sicurezza all’interno del reparto. I cuccioli non sono ammessi proprio perché è complicato tenerli sotto controllo. E, soprattutto, ogni caso deve tassativamente avere il via libera da parte dei medici che seguono i piccoli pazienti. Perché si tratta di una vera e propria terapia. Una medicina, pur in forma diversa. 
«Ci sono evidenze scientifiche che confermano che la pet therapy migliora la prognosi. Anche nelle situazioni più difficili, come quelle che riguardano il settore dell’ematooncologia – conferma il primario – alla luce di questo, abbiamo previsto un percorso molto strutturato per analizzare eventuali richieste da parte dei pazienti di poter vedere i propri animali. Per ogni domanda, i medici valutano se può essere utile per motivi assistenziali rispetto al piano terapeutico». La gravità della malattia non è l’unico parametro di valutazione. Ma incide in modo particolare. «La pet therapy con i propri animali può essere importante anche per bambini con malattie molto avanzate o in fase terminale – specifica Martelossi – anche queste richieste, però, devono essere valutate caso per caso in base al quadro generale». Insomma, si aprono le porte agli animali per far star meglio i piccoli pazienti. Ma il reparto di Pediatria non diventerà un’arca di Noè. «Non è possibile portare il proprio cane in reparto, così come altri animali, solo per una questione di compagnia, per quanto importante – chiarisce il direttore dell’unità – il progetto è rivolto ai bambini che ne hanno effettivamente bisogno a livello terapeutico». Per tutti gli altri è comunque attivo il programma “Coccole pelose - Intervento educativo assistito con animale”, sviluppato in collaborazione con l’Ail di Treviso, appena rifinanziato con 40mila euro che garantiranno la continuazione delle attività per altri due anni. Il progetto seguito da Carla Giugno, insegnante della “Scuola in ospedale” dell’istituto comprensivo Stefanini, prevede interventi di terapia assistita ed educazione assistita con animali nel reparto di Pediatria e nei settori ematooncologico, chirurgia pediatrica e fibrosi cistica. E in caso di necessità anche a domicilio. I cani coinvolti, pure in questo caso adulti, hanno ricevuto un addestramento specifico, vengono controllati in modo preciso dal punto di vista clinico per azzerare qualsiasi rischio di infezioni e sono condotti da personale formato che sa come meglio muoversi in un ambiente delicato.
Ultimo aggiornamento: 11:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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