TREVISO - «Sarà un’indagine lunga e complessa. Servirà armarsi di pazienza». Parole del comandante provinciale della Guardia di finanza di Treviso, Francesco De Giacomo, in merito all’inchiesta sulla New Financial Technology, la società di Silea che prometteva interessi mensili del 10% sugli investimenti in criptovalute e che, secondo la Procura di Treviso, ha fatto sparire il denaro di circa 6mila clienti creando un buco che si aggira sui 100 milioni di euro. Ma è lo stesso colonnello De Giacomo a sottolineare come il lavoro degli inquirenti stia andando avanti spedito: «Abbiamo attivato diverse Procure in Europa, e non solo, segno che vogliamo andare in fondo alla faccenda». Dalla Svizzera alla Svezia, dall’Inghilterra al Portogallo passando per gli Stati Uniti e gli Emirati Arabi: tutti alla ricerca dei soldi degli investitori. E trattandosi di transazioni in criptovalute, il lavoro degli inquirenti non può che essere arduo. Anche perché molti dei capitali investiti sono stati consegnati in contanti ai vertici della Nft (o ai loro agenti e procacciatori, ndr), rendendo di fatto irrintracciabili quelle somme se non attraverso le successive operazioni di vendita, scambio o acquisto di bitcoin. Sempre che, come paventato da alcuni degli investitori nelle chat di Telegram dedicate ai “truffati” dalla società di Silea, siano state davvero effettuate.
GLI ACCERTAMENTI
Più passano i mesi, più la Procura di Treviso è convinta che si tratti di un classico “schema Ponzi”. Se così fosse, il denaro degli investitori sarebbe finito soltanto nelle tasche dei promotori del raggiro milionario. Si sta cercando di dare credito anche a questa ipotesi proprio con l’aiuto delle polizie straniere, andando a caccia dei patrimoni degli indagati. Che, al momento, rimangono gli stessi sei iscritti per truffa aggravata dal procuratore di Pordenone, Raffaele Tito, la cui indagine è poi passata a Treviso (che già aveva aperto un fascicolo, ndr) per competenza territoriale: si tratta dell’avvocato romano Emanuele Giullini, dell’ex direttore commerciale della Nft Christian Visentin, 46enne di Conegliano (già rimosso dal suo incarico), di Mauro Rizzato, 55enne di San Pietro di Feletto anche lui direttore commerciale della Nft, dell’ex direttore della società Mario Danese, 58 anni, e dei due procacciatori Michele Marchi, 32enne di San Pietro di Feletto, e Maurizio Sartor, meccanico pordenonese 57enne residente a Fiume Veneto. Su di loro si stanno concentrando gli sforzi degli investigatori, anche se è già stata ricostruita una fitta rete di collaboratori in base alla provenienza delle vittime: oltre a tutto il Nordest, ritenuto epicentro naturale del bacino di raccolta dei clienti, sono state presentate querele anche da investitori residenti a Brescia, Milano, Torino, Modena e Roma.
LE PROMESSE
Il caso Nft, a differenza dello “schema Ponzi” tradizionale, ha una particolarità: gli “organizzatori” insistono a comunicare con i clienti promettendo (con tanto di date di scadenza) la restituzione del capitale investito e procrastinando in maniera sistematica i pagamenti.
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