Crac della Giulio Stella: 4 denunce per bancarotta fraudolenta e sequestri per 1,5 milioni

Sabato 10 Aprile 2021 di Serena De Salvador
Guardia di Finanza

FARRA DI SOLIGO - Quattro denunce per bancarotta fraudolenta e il sequestro di immobili per 1,5 milioni di euro. È la nuova svolta nella lunga vicenda che coinvolge la Industrie Giulio Stella Srl, per trent'anni colosso della lavorazione del legno del Quartier del Piave e fallita nel 2011.

Proprio quel fallimento ha visto due anni fa rinviare a giudizio gli ex amministratori della società di via Piave, ed è stato al centro di un'inchiesta della Guardia di finanza trevigiana. I quattro coinvolti sono il 49enne ex legale rappresentante di Pieve di Soligo e la moglie di 53 anni, oltre a due ex collaboratori, una 69enne di Farra e un 58enne di Vittorio Veneto.

L'INCHIESTA

Quando, dieci anni fa, la ditta era ormai avviata verso la chiusura con debiti per tre milioni, si sarebbero disfatti di buona parte del patrimonio aziendale svendendo gli immobili ad altre due società, entrambe create ad arte da loro stessi. Così, una volta fallita la Giulio Stella Srl, le banche, i fornitori e l'Erario non avrebbero potuto rivalersi sul patrimonio immobiliare per rientrare degli ammanchi. Le Fiamme gialle del Nucleo di polizia economico finanziaria hanno ricostruito l'ingegnoso piano, trasmettendo le risultanze investigative alla Procura e al pubblico ministero Anna Andreatta. Il gip Piera De Stefani in questi giorni ha quindi disposto il sequestro preventivo di parte di quegli immobili. In particolare una fabbrica e un'abitazione a San Giorgio di Nogaro (Udine), la sede secondaria dell'azienda che era stata inaugurata nel 1998, del valore di 1,5 milioni di euro.

LE OPERAZIONI

Nel novembre 2011 il fallimento della Giulio Stella Srl fece grande scalpore. All'attenzione degli inquirenti finirono però alcune operazioni immobiliari sospette, messe a segno dall'allora legale rappresentante quando ormai la ditta era strangolata dai debiti. Alcuni immobili erano stati affittati e poi venduti a una seconda società a prezzi irrisori, pari a un decimo del reale valore. Il complesso di Udine, del valore di 1,5 milioni, era stato ceduto a 125mila euro, ma solo 7.500 ne erano poi stati realmente pagati. Un'operazione che aveva permesso di liberarsi del patrimonio immobiliare in modo che, una volta dichiarato il fallimento, banche e creditori non potessero più aggredirlo. Peccato che la seconda società fosse nata esattamente il giorno del rogito e fosse riconducibile proprio ai quattro denunciati. Non basta, perché anche la seconda ditta è fallita (nel 2016) ma non prima che gli immobili fossero di nuovo venduti a una terza società, anch'essa creata dal sodalizio, che avrebbe acquistato gli edifici a 67mila euro. Soldi che però erano solo un accollo di un debito contabile e che quindi non sono nemmeno mai stati pagati.
 

Ultimo aggiornamento: 12:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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