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«Io miracolato, metà dei malati sono morti»

Nordest > Treviso
Lunedì 11 Gennaio 2021 di Annalisa Fregonese
Pierluigi Balzano
  • 161

ODERZO Guarire e sentirsi un sopravvissuto. Guardarsi allo specchio e dirsi fortunato perchè, fra i compagni di reparto, sei fra chi ce l’ha fatta, tra chi si è visto sorridere dal lato giusto della monetina. Cinquanta e cinquanta. Questo il rapporto. «In ospedale, a Oderzo, eravamo in otto – racconta Pierluigi Balzano, presidente della società sportiva Pallamano Oderzo -. Siamo rimasti in quattro, metà di noi non ce l’ha fatta. Mi domando perché. Persone che stavano bene di salute, che non avevano patologie pregresse. Uomini e donne che certo non erano anziani come l’amico opitergino Ruggero Moretto, 69 anni. La mamma del nostro collaboratore in pallamano Matteo Ros, che fino a poche settimane fa era al lavoro in campagna. L’imprenditore Luciano Bernardi: tutti volti conosciuti che mai e poi mai mi sarei aspettato di veder soccombere a causa del Covid».
LA BATTAGLIA
Per Gigi Balzano il Covid si è manifestato con la febbre, sempre più violenta. «La mia fortuna – prosegue Balzano – è stata l’immediato ricovero in ospedale. Dove mi hanno fatto gli accertamenti, hanno visto che si era alzato il livello della creatinina, a significare che i reni non stavano più funzionando bene. Questa è stata la seconda fortuna: il Covid ha puntato ai reni, più che ai polmoni. I problemi renali possono essere importanti, ma senza polmoni non vai mica avanti». Balzano ci tiene a sottolinere e a spiegare agli altri  questi dettagli anche per far comprendere come il Covid attacchi tutto il corpo, non soltanto l’apparato respiratorio.«I medici e tutto il personale dell’ospedale sono stati meravigliosi, grande professionalità e tanta umanità». 
UNO ACCANTO ALL’ALTRO
Nei primi giorni Gigi Balzano era da solo in camera, poi sono arrivati altri malati. Alla fine c’erano altre 7 conoscenti nel suo stesso reparto. In 4 ce l’hanno fatta, lui compreso, gli altri sono stati sconfitti dal virus. «Ci davamo degli obiettivi, tipo riuscire a mangiare la mela cotta la sera. Viviamo in una società frenetica, che spesso corre come impazzita senza approdare a nulla. Stile pallina del flipper che salta in modo incoerente. Prima del Covid guardavo la pagina dell’agenda, gli obiettivi da raggiungere. Durante il Covid gli obiettivi ci sono, ma ben diversi. Riuscire a fare tre flessioni con la fisioterapista, anziché fermarsi dopo una. Mangiare tutta la mela cotta. Fare un certo numero di passi sperando che il fiato tenga. Obiettivi che fino a poche settimane fa neppure immaginavo. Sono un sopravvissuto. Non ho combattuto in battaglia ma è come se la guerra l’avessi fatta». «È stato come quando i nostri soldati sono partiti per il fronte e non sapevano se ritornavano - prosegue -. Sono entrato in ospedale, sapendo che lasciavo i miei cari. Mia moglie che mi ha assistito durante i primi giorni era a casa, vi lascio immaginare con quale stato d’animo. Mia figlia Roberta era a termine di gravidanza, nel frattempo mi è nato un nipotino, sono diventato nonno durante la degenza. Ho un altro nipote di due anni e mezzo, al quale sono affezionatissimo e mi è pesato molto non poterlo vedere. Tutta la nostra famiglia è ancora nel dolore perché ai primi di novembre, sempre a causa del Covid, abbiamo perso Manlio Dotta, papà di mia moglie». È morto in Belgio.«Lassù la sanità è diversa da quella italiana, mio suocero aveva avuto un posto in ospedale solo in un secondo momento, nonostante fosse già malato. Tutto ciò per dire come questa malattia colpisca le famiglie nel profondo, impedendo loro di vedersi. Ho affrontato questa battaglia con spirito propositivo, è stato determinante per il buon esito». Come preziosissimo è stato il supporto continuo di tutta la grande famiglia di Pallamano Oderzo. «Penso poi a tutta l’attività sportiva, agli allenamenti, alle nostre partite. Non ci siamo resi conto di quanto fosse preziosa la nostra routine finché non l’abbiamo perduta. Nel contempo sono nati altri legami. Con due malati che sono sopravvissuti è nata un’amicizia solida». Come quei soldati che, dopo aver condiviso la vita di trincea, riportata a casa la pelle restano amici.
 

Ultimo aggiornamento: 09:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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