PONZANO - Febbre a 40 e ossigenazione dimezzata. I polmoni di Giampietro Zanata, 57enne di Ponzano, ormai non funzionavano più a causa dell’infezione da coronavirus.
LA TESTIMONIANZA
«Un lungo sonno – dice – poi i polmoni hanno progressivamente ripreso a funzionare. E il 27 marzo mi hanno svegliato». A quel punto è stato spostato nell’unità di Pneumologia. Fino al 2 aprile, quando ha potuto far finalmente ritorno a casa. L’incubo peggiore adesso è alle spalle. Il virus non c’è più e gli effetti distruttivi sono stati superati. «Non so davvero come ringraziare i medici e tutto il personale della Terapia intensiva e della Pneumologia. E anche i fisioterapisti che mi hanno seguito in modo puntuale – spiega Zanata – nonostante l’emergenza, in ospedale sono sempre stato curato e trattato benissimo. Fanno un lavoro straordinario». Il 57enne, imprenditore nel campo del restauro di manufatti in legno, non aveva alcun problema di salute. Anzi, il suo fisico estremamente atletico rendeva difficile pensare a una batosta del genere. Il Covid è stato un fulmine a ciel sereno. «Il primo tampone era risultato negativo – rivela – all’inizio ho preso tachipirina senza nemmeno pensare di sentire il mio medico di famiglia. Un errore. Poi la situazione si è via via aggravata. Mi sentivo stanco come se avessi lavorato ininterrottamente per due settimane. A un certo punto un familiare mi ha misurato il livello di saturazione. Era a 50. Ed è scattata la corsa verso l’ospedale». Da dove è arrivato il coronavirus che lo ha colpito così pesantemente? È complicato trovare certezze assolute nei collegamenti epidemiologici. Ma a quanto pare il 57enne è stato contagiato dal figlio, che lo aveva a sua volta preso da un amico. Anche la moglie di Zanata è stata contagiata, ma in forma lieve.
LA RIABILITAZIONE
Il percorso di riabilitazione è ancora lungo. Giampietro ha perso 15 chili, sta combattendo contro dei tremolii alle mani e alle gambe e contro la stanchezza che lo assale già dalla mattina. Oggi si misura costantemente il livello di saturazione. Ha anche una bombola di ossigeno a portata di mano per ogni evenienza. Una precauzione aggiuntiva. «Ci vorranno tre o quattro mesi per recuperare del tutto – conclude – si procede per tappe. Non ho ancora ripreso a lavorare a pieno regime, ma riesco già ad affrontare alcuni impegni. C’è il tempo per rimettersi in sesto. Ciò che conta davvero è che sono vivo. E questo lo devo ai medici e a tutto il personale dell’ospedale Ca’ Foncello di Treviso».